Pitiriasi lichenoide cronica e acuta con immagini cliniche

La pitiriasi lichenoide cronica può manifestarsi anche nei bambini oltre che negli adulti

a cura del dermatologo Dott. Del Sorbo
riceve a SALERNO

La pitiriasi lichenoide è una malattia della pelle che si presenta con eruzioni papulo squamose diffuse su gran parte del tronco e degli arti. In base al decorso clinico ne esistono almeno due varianti cliniche principali: la pitiriasi lichenoide cronica di Jadassohn Juliusberg, e la pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta di Mucha Habermann, nota anche con l’acronimo PLEVA. In passato queste due varianti cliniche erano considerate patologie differenti, mentre oggi sono entrambe ritenute come momenti diversi della pitiriasi lichenoide, non solo perché hanno un quadro istologico sovrapponibile, ma anche perché non è raro il passaggio da una pitiriasi lichenoide cronica a una PLEVA o viceversa. Il termine pitiriasi deriva dal greco (πίτυρον = crusca), e include un vasto gruppo di dermatiti caratterizzate dalla comparsa di manifestazioni cutanee che tendono alla desquamazione. La pitiriasi lichenoide non è contagiosa.

La pitiriasi lichenoide cronica è anche nota come parapsoriasi guttata e si presenta anche nei bambini

La pitiriasi lichenoide cronica è una forma di parapsoriasi guttata, ed è più frequente rispetto alla pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta. Si manifesta con un’eruzione papulo desquamativa diffusa generalmente al tronco e agli arti, ma che in teoria può interessare qualsiasi distretto corporeo. Si osserva non solo negli adulti ma anche in dermatologia pediatrica. In genere le eruzioni cutanee compaiono in più gittate successive, con papule persistenti, arrossate e lievemente desquamate. In presenza di una pitiriasi lichenoide cronica è importante far presente al paziente che l’aggettivo “cronico” si utilizza per indicare qualsiasi manifestazione cutanea di durata superiore alle 6 settimane, e che non è sinonimo di “per sempre”, come spesso ci viene riferito dai pazienti. Infatti con il trascorrere del tempo la pitiriasi lichenoide cronica tende alla regressione spontanea delle papule. Alcune forme di pitiriasi lichenoide possono durare molti mesi prima di rientrare completamente. Al posto delle papule a volte rimane una sottilissima squama ostiacea, che scompare nel giro di poco tempo senza lasciare esiti cicatriziali. Come per i pazienti affetti da pitiriasi lichenoide acuta, in genere mancano sintomi fastidiosi come prurito e bruciore, ma nelle persone con pelle più scura, la pitiriasi lichenoide cronica può talora lasciare degli antiestetici esiti discromici, sia sotto forma di macchie scure che ricordano vagamente una pitiriasi versicolor, sia sotto forma di macchie ipocromiche (parapsoriasi guttata leucodermica di Krüger) più o meno simili a quelle osservate nelle persone con pitiriasi alba. Le papule si localizzano soprattutto al tronco e agli arti, comprese le pieghe flessorie. Le manifestazioni cutanee della pitiriasi lichenoide cronica sono piuttosto tipiche e solo in rari casi possono entrare in diagnosi differenziale con altre malattie della pelle, tra cui punture di insetti, pitiriasi rosea di Gibert, psoriasi guttata, mastocitosi cutanea, dermatite atopica, malattia di Darier, eczema nummulare, sifilide secondaria, pitiriasi rubra pilaris, prurigo nodulare, papulosi linfomatoide e lichen planus (da cui l’aggettivo lichenoide). La maggior parte dei pazienti con pitiriasi lichenoide cronica tendono a star meglio durante la stagione balneare, grazie all’azione antinfiammatoria dei raggi ultravioletti, in parte simulata artificialmente attraverso la fototerapia. Ci sono anche persone che in seguito all’esposizione al sole o a lampade abbronzanti, riferiscono qualche lieve e temporaneo episodio di PLEVA.

Le papule eritematose della pitiriasi lichenoide cronica (foto in alto) possono dar luogo a esiti ipocromici (foto in basso) e tale quadro di chiama pitiriasi lichenoide leucodermica di Krüger

Pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta (PLEVA)

La pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta (PLEVA) è una parapsoriasi guttata acuta e si osserva soprattutto nei bambini e nei giovani adulti, ma può manifestarsi in qualsiasi fascia di età. È detta parapsoriasi varioliforme perché rispetto alla pitiriasi lichenoide cronica le papule purpuriche e squamose del tronco diventano in poco tempo crostose e sanguinanti, e se le escare necrotiche vengono stuzzicate con le mani possono talora lasciare esiti cicatriziali (e da qui l’aggettivo varioliforme, cioè di aspetto simile al vaiolo). Quando le manifestazioni cutanee persistono più di 6 settimane si parla di pitiriasi lichenoide cronica, ma i termini acuto, subacuto e cronico sono espressioni convenzionali utilizzate per indicare fasi e decorsi diversi della stessa patologia. A parte le tipiche eruzioni cutanee e qualche episodio di febbre, la pitiriasi lichenoide acuta decorre spesso in maniera asintomatica, fino alla scomparsa spontanea nel giro di 4-6 settimane. In alcune persone la pitiriasi lichenoide acuta può avere un decorso più repentino con comparsa improvvisa di papule ulcerate. Tale variante clinica prende il nome di pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta ulceronecrotica. Quando oltre all’ulcerazione delle papule sono presenti anche febbre e dolori muscolari, si parla di PLEVA ulceronecrotica febbrile e ha un decorso clinico solitamente più severo, soprattutto se interessa le mucose. Al momento della visita dermatologica, in presenza di una pitiriasi lichenoide acuta e varioliforme vengono ricercate ed escluse anche eventuali patologie cutanee apparentemente simili ma con un decorso clinico completamente diverso, tra cui la dermatite erpetiforme di Duhring, la follicolite, l’eritema polimorfo, l’impetigine contagiosa, la scabbia, l’orticaria papulosa, la sindrome di Gianotti Crosti, le porocheratosi, le infezioni da herpes virus HSV7, le vasculiti, l’istiocitosi e alcune malattie esantematiche dei bambini come la varicella, il morbillo e la rosolia. È possibile la transizione a pitiriasi lichenoide cronica, e anche in questo caso, quando prescritta al momento della visita dal proprio dermatologo, la fototerapia con raggi ultravioletti e soprattutto l’eliobalneoterapia possono essere utili.

Nei bambini si può avere sia una pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta (foto in alto) che una pitiriasi lichenoide cronica (foto in basso)

Le cause della pitiriasi lichenoide acuta e cronica

La pitiriasi lichenoide è un fenomeno di iperreattività cutanea nei confronti di un lungo elenco di agenti ambientali, che vanno dai farmaci (per esempio contraccettivi orali), a vari microrganismi (per esempio micoplasma, rickettsie, toxoplasma, virus Epstein Barr, citomegalovirus, parvovirus B19, streptococco beta emolitico di gruppo A, Helicobacter pylori, stafilococchi). Spesso i pazienti riportano la comparsa di una pitiriasi lichenoide in seguito a una febbre o a un’influenza. Pur essendo questa dermatite una reazione di ipersensibilità nei confronti di possibili antigeni microbici, è importante precisare che la pitiriasi lichenoide non è di per sé una malattia infettiva, nel senso che non è contagiosa né trasmissibile in alcun modo alle altre persone.

Esami di laboratorio e pitiriasi lichenoide

Nel sospetto di una pitiriasi lichenoide tra le indagini richieste al momento della visita vi sono oltre all’emocromo completo con formula, anche altri esami, tra cui quadro proteico elettroforetico, VES, TAS, PCR, C3, C4, IgE totali, anticorpi anti nucleo (ANA), gamma globuline, markers epatite B e C, VDRL, HIV e tipizzazione linfocitaria. All’esame istologico si osservano segni di paracheratosi, esocitosi di linfociti nell’epidermide, edema del derma, dermatite dell’interfaccia, spongiosi e infiltrato di linfociti intorno ai piccoli vasi presenti nel derma superficiale, fenomeno noto come vasculite linfocitica. Le papule escoriate e crostose della pitiriasi lichenoide acuta presentano alla dermatoscopia un’area emorragica centrale circondata da un collaretto eritematoso all’interno del quale è possibile riscontrare aree grigio blu, globuli gialli e un pattern vascolare punteggiato. Le manifestazioni papulo squamose della pitiriasi lichenoide cronica mostrano invece alla dermatoscopia un’area centrale di colore giallo arancio circondata da un collaretto purpureo in cui è possibile osservare vasi punteggiati. L’osservazione delle lesioni cutanee infiammatorie attraverso un comune dermatoscopio a epiluminescenza è nota in dermatologia con il nome di infiammoscopia ed è possibile effettuarla in qualsiasi momento presso il proprio dermatologo di riferimento.

Nella pitiriasi lichenoide cronica le papule formano con il tempo una squama centrale

La terapia della pitiriasi lichenoide si basa sull’impiego di farmaci per via sistemica e topica

Coloro che hanno sviluppato una pitiriasi lichenoide riferiscono che la loro dermatite con il tempo è rientrata spontaneamente. Alcune forme di pitiriasi lichenoide possono a volte richiedere tempi particolarmente lunghi. Le creme idratanti e lenitive sono molto utili. I farmaci in crema (per esempio tacrolimus, cortisone) sono utilizzati raramente o solo per il periodo indicato sulla ricetta prescritta dal dermatologo al momento della visita medica. In letteratura sono stati talora utilizzati, in pazienti selezionati, anche farmaci per via sistemica (tra cui cortisone, tetracicline, eritromicina, azitromicina, pentossifillina e bromelina), ma sempre sotto la guida del proprio dermatologo, evitando sia l’automedicazione che l’abuso di farmaci. La vitamina D può essere un valido supporto nelle persone in cui è riscontrata una reale carenza, anche per la relazione tra vitamina D e interleuchina 6, interleuchina 17, e interleuchina 21 sull’infiammazione. L’elioterapia è utile, così come può essere utile durante i mesi invernali qualche ciclo di terapia fotodinamica, o la fototerapia sia con raggi UVA (per esempio PUVA terapia, fototerapia con raggi UVA1) che con raggi UVB (per esempio UVB a banda stretta).

La pitiriasi lichenoide nella Storia della dermatologia

La pitiriasi lichenoide cronica fu descritta nel 1894 dal dermatologo polacco Albert Ludwig Sigesmund Neisser e dal dermatologo svizzero Josef Jadassohn. Nel 1899 il dermatologo tedesco Fritz Juliusberg aggiunse l’aggettivo cronico al quadro clinico oggi noto come pitiriasi lichenoide cronica di Jadassohn e Juliusberg. Già nel 1890 il dermatologo tedesco Paul Gerson Unna, il dermatologo svizzero August Santi e il dermatologo americano Sigmund Pollitzer avevano descritto un quadro clinico simile con il nome di paracheratosi variegata, descritta in molti trattati come malattia di Unna, Santi, Pollitzer. Il termine parapsoriasi fu invece coniato nel 1902 dal dermatologo francese Louis Anne Jean Brocq per indicare un vasto gruppo di malattie della pelle costituite da elementi eritemato squamosi persistenti e ribelli, includendo sia le forme guttate che a placche. Nel 1911 il dermatologo inglese Wilfrid Fox propose per la pitiriasi lichenoide cronica il termine di lichen variegatus. Nel 1916 il dermatologo austriaco Victor Mucha descrisse in un diciannovenne una forma di pitiriasi lichenoide a decorso molto più acuto, pensando inizialmente a una sifilide secondaria o a una forma atipica di vaiolo. Nel 1917 il dermatologo austriaco Paul Rusch riportò un caso simile in un cinquantenne. Nel 1919 il dermatologo austriaco Moriz Oppenheim descerisse il primo caso di pitiriasi lichenoide acuta sintomatica, in cui il paziente lamentava intenso prurito. Nel 1921 il dermatologo inglese Haldin Davis descrisse il caso di un bambino di 11 anni con pitiriasi lichenoide cronica iniziata quando aveva appena 3 mesi. Nel 1922 il dermatologo tedesco Hans Krüger descrisse in un bambino di 11 anni una pitiriasi lichenoide cronica leucodermica. Nello stesso anno il dermatologo inglese Henry MacCormac presentò alla Royal Society of Medicine due casi di pitiriasi lichenoide, in un ragazzo di 14 anni e in una ragazza di 18 anni. Nel 1926 il dermatologo tedesco Rudolf Habermann descrisse la pitiriasi lichenoide acuta (PLEVA) in due ragazzi rispettivamente di 18 e 21 anni, oggi nota come pitiriasi lichenoide acuta e varioliforme di Mucha e Habermann. Nello stesso anno il dermatologo svedese Johan Almkvist riportò un caso simile in un ragazzo di 20 anni, descrivendo nel dettaglio l’acantosi, la spongiosi e l’infiltrazione linfocitaria perivascolare osservate a livello istologico. Nel 1930 la PLEVA fu chiamata dal dermatologo americano Fred Wise come parapsoriasi varioliforme. Nel 1931 il dermatologo inglese Harold Wordsworth Barber giunse alla conclusione che la pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta (malattia di Mucha Habermann) e la parapsoriasi guttata di Brocq erano in realtà la stessa patologia. In quegli anni era molto più diffusa la sifilide, pertanto nei rari casi di pitiriasi lichenoide osservati era doveroso escludere innanzitutto una roseola sifilitica. Anche la tubercolosi era molto comune, e infatti quando si osservava una qualsiasi malattia rara della pelle (per esempio un eritema nodoso) dovevano essere innanzitutto escluse la sifilide e la tubercolosi. Nel 1951 il dermatologo francese Achille Civatte separò all’interno del gruppo delle parapsosiasi, le forme a placche dalle forme guttate, definendo queste ultime parapsoriasi lichenoidi. Nel 1952 il dermatologo americano Orlando Canizares pubblicò uno studio sull’impiego della vitamina D nel trattamento dei pazienti con pitiriasi lichenoide acuta e cronica. Nel 1966 i dermatologi francesi Robert Degos, Bernard Duperrat e François Daniel descrissero una variante clinica di pitiriasi lichenoide e varioliforme acuta ulceronecrotica associata a febbre molto alta e la chiamarono parapsoriasi ulceronecrotica ipertermica, oggi nota con l’acronico FUMHD (Febrile Ulceronecrotic Mucha Habermann Disease). Attualmente la pitiriasi lichenoide cronica, la pitiriasi lichenoide varioliforme acuta e la pitiriasi lichenoide ulceronecrotica febbrile sono raggruppate con un unico codice EA93 nel sistema internazionale di classificazione delle malattie ICD 11.