Gonorrea: sintomi nell’uomo e nella donna (foto)

a cura del dermatologo Dott. Del Sorbo
riceve a SALERNO

La gonorrea è una malattia a trasmissione sessuale associata a infezione da gonococco

La gonorrea è una malattia venerea associata alla presenza del gonococco (Neisseria gonorrhoeae) e si contrae principalmente attraverso il contatto tra le mucose. Il nome gonorrea (dal greco γονόs = seme; ῥέω = flusso) fu coniato intorno al 160 d.C. dal medico greco Galeno di Pergamo, dal sospetto che il caratteristico scolo fosse attribuito alla perdita di liquido seminale (spermatorrea per i Greci e seminis effluvium per i Romani). Per Galeno infatti, il corpo si liberava del liquido seminale putrefatto o in eccesso attraverso il canale uretrale. Circa 1000 anni dopo il medico ebreo Moshè ben Maimon (noto come Maimonide) dimostrò che la secrezione della gonorrea non era affatto costituita da liquido seminale, ma da materiale purulento, cioè da pus. Infatti al posto di gonorrea fu utilizzato il termine più appropriato di blenorrea (dal greco βλέννος = muco; ῥέω = flusso). Gli esseri umani sono l’unico ospite naturale del gonococco e l’infezione si trasmette per contatto diretto tra le mucose. Il periodo di incubazione della gonorrea è di 1-2 settimane. Il gonococco possiede delle proteine di membrana in grado di aderire all’epitelio (proteina batterica I) e di penetrare attraverso la mucosa (proteina batterica II). Il flusso abbondante di pus (scolo) è prodotto dai granulociti neutrofili nel tentativo di allontanare il batterio dall’organismo.

Sintomi della gonorrea nell’uomo

Nell’uomo la gonorrea si presenta solitamente con uretrite e abbondante secrezione di materiale purulento dall’uretra (scolo), lattiginoso, giallastro e maleodorante. Nei casi più gravi la produzione di liquido può essere così copiosa da arrivare a gocciolare. Tale secrezione generalmente sporca gli indumenti intimi e irrita la mucosa del glande, fino a provocare una vera e propria balanopostite gonococcica, sotto forma di balanite purulenta. In alcuni casi la secrezione è trasparente, sierosa, filante o minima, e si può manifestare solo al mattino con una semplice goccia (cosiddetto segno del buongiorno o goccetta del militare). Trascorso il periodo di incubazione, compaiono i primi segni di arrossamento al glande, prurito intimo soprattutto lungo il canale uretrale, e bruciore intorno al meato, in particolare dopo la minzione o dopo i rapporti sessuali. Possono talora associarsi pollachiuria (minzione frequente), stranguria (minzione dolorosa) e raramente persino ematuria (sangue nelle urine). Con la terapia appropriata la gonorrea rientra nel giro di una settimana. La visita venereologica è importante per distinguere l’uretrite gonococcica, da tutta una serie di uretriti non gonococciche, che prevedono quindi terapie diverse, in base all’agente eziologico. Per gonorrea ascendente dell’uomo, si intende l’infezione gonococcica di altri distretti, con possibile febbre, cistite, prostatite, epididimite, vescicolite e orchite. Oltre alla balanite nei maschi la gonorrea può talora creare altre complicanze, tra cui fimosi, parafimosi, edema del prepuzio, parauretrite, periuretrite (lacunite, littrite), cavernite, cowperite, funicolite, deferentite e linfangite.

Gonorrea: in entrambe le foto si può osservare il cosiddetto scolo dovuto all’abbondante secrezione purulenta e maleodorante

Sintomi della gonorrea nella donna

Nella donna la gonorrea si presenta con un quadro clinico più complesso e polimorfo. L’epitelio della vagina essendo cheratinizzato, è abbastanza resistente all’infezione, pertanto nel sesso femminile la sede maggiormente interessata dalla gonorrea è la cervice uterina (cervicite gonococcica). La secrezione (scolo) nella donna è meno abbondante che nell’uomo e può essere osservata al momento della visita venereologica, in seguito a massaggio uretrale. La maggior parte delle donne scopre di aver contratto la gonorrea da un controllo occasionale di laboratorio, e non con la presenza di secrezione purulenta. Infatti nella donna, la gonorrea è spesso asintomatica. Per gonorrea ascendente della donna si intende un interessamento di altre aree oltre alla cervice uterina (per esempio endometrio, tube, ovaio). La vulvite gonococcica si osserva soprattutto nelle giovani donne, con prurito alle grandi e alle piccole labbra e secrezione giallastra che tende a sporcare gli indumenti intimi. È importante la diagnosi differenziale con un’eventuale infezione da Trichomonas vaginalis. Nelle pazienti con bartolinite gonococcica possono associarsi anche edema e dolore vulvare, e da questo punto di visita, la gonorrea rientra tra le malattie veneree associate alla vulvodinia, che come è ben noto, solo in rarissimi casi può associarsi alla presenza di una malattia a trasmissione sessuale. Mentre la vaginite è un sintomo molto raro nella donna con gonorrea, la cervicite rappresenta invece la manifestazione più frequente di blenorragia nel sesso femminile. Oltre a cervicite, uretrite e vulvite, la gonorrea può talora associarsi nella donna ad altre complicanze, tra cui bartolinite, endometrite, skenite e salpingovarite.

Le cause della gonorrea

La gonorrea è associata alla presenza di un batterio gram negativo chiamato Neisseria gonorrhoeae. Questo batterio presenta un particolare tropismo per gli epiteli delle mucose (per esempio cavo orale, faringe, congiuntiva, retto, uretra, vagina) e delle semimucose (per esempio glande, vulva) in quanto alcune sue proteine (tra cui le porine, le piline e le proteine di opacità) si legano alle adesine presenti sulla superficie delle cellule epiteliali umane. Tale incontro scatena una reazione difensiva contro il gonococco con produzione di citochine infiammatorie (per esempio interleuchine IL-1β, IL-6, IL-8, αTNF) e neutralizzazione del gonococco mediante fagocitosi. I batteri vengono in questo modo neutralizzati e allontanati attraverso un’abbondante secrezione purulenta (cosiddetto scolo). Esaminando al microscopio uno striscio di tale secrezione è possibile osservare i diplococchi facilmente riconoscibili per la loro caratteristica forma a chicco di caffè. Mentre Neisseria gonorrhoeae è considerato un germe patogeno, su cute e mucose vivono stabilmente diversi altri ceppi di batteri innocui appartenenti alla stessa famiglia (per esempio Neisseria mucosa, Neisseria subflava) e che entrano a far parte del normale microbiota cutaneo e mucoso.

Cheratodermia gonococcica

Se non curate, alcune forme di blenorragia possono nel tempo dar luogo a manifestazioni cutanee come la cheratodermia blenorragica palmo plantare, che si presenta come una dermatite alle mani ipercheratosica, e un ispessimento alla pianta dei piedi. È importante la diagnosi differenziale con altre problematiche apparentemente simili ma dal decorso molto diverso, tra cui la cheratolisi punctata, l’eczema disidrosico, le verruche plantari, la psoriasi palmoplantare e altre forme di cheratodermia.

Gonorrea orofaringea

La faringite gonococcica si osserva con meno frequenza rispetto all’uretrite e alla cervicite. Sono stati descritti casi di gonorrea del cavo orale anche in gravidanza. La causa principale di contagio sono i rapporti orogenitali. La stomatite gonococcica può presentarsi sotto forma di afte del cavo orale, sintomo tra l’altro comune a tantissime altre problematiche non veneree.

Cistite blenorragica

La cistite è una complicanza di non rara osservazione nelle persone affette da gonococcia. La cistite gonococcica si presenta con un’aumentata frequenza delle minzioni (il paziente riferisce di andare spesso in bagno a urinare), tenesmo vescicale, dolori al basso ventre e al perineo. All’esame delle urine possono risultare piuria, albuminuria e persino tracce di sangue. La cistite da gonococco chiama acuta se si verifica una sola volta, cronica o recidivante se invece tende a ripresentarsi con ulteriori episodi.

Gonorrea rettale e perianale

Si presenta con secrezione purulenta e irritazione cutanea. Sia la proctite gonococcica che la gonorrea anale sono un po’ più frequenti nel sesso femminile, a causa della vicinanza fra i genitali esterni e la regione anale. All’esame obiettivo è spesso presente solo un lieve eczema perianale ricoperto da un essudato purulento più o meno abbondante. Le feci possono talora presentare un essudato muco purulento. Tra i sintomi più frequenti sono il bruciore e il dolore anale (anodinia), sintomi frequenti anche in altre manifestazioni cutanee non veneree. La gonorrea può presentarsi più raramente sotto forma di follicolite o ulcera perianale. Oltre alle caratteristiche cliniche, per avere la conferma o l’esclusione di una gonorrea saranno molto utili gli esami di laboratorio.

Gonorrea oftalmica e congiuntivite gonococcica

La gonorrea oculare può manifestarsi non solo sotto forma di congiuntivite, ma anche come cheratite, iridociclite, dacriocistite, coroidite e retinite. La congiuntivite gonococcica può essere trasmessa anche durante il parto, dalla madre affetta al bambino. La secrezione oculare si verifica nel bambino affetto, già pochi giorni dopo la nascita. Per questo motivo alla nascita dei bambini, è diventata ormai routine, l’applicazione preventiva di speciali gocce oftalmiche attive anche sul gonococco. Anche nell’adulto è possibile sviluppare una congiuntivite gonococcica, che in genere si presenta con abbondante secrezione, lacrimazione e fotofobia (fastidio agli occhi provocato dalla luce). Nei casi estremi, la gonorrea oftalmica del neonato può condurre a cecità, e per questo motivo nei neonati, subito dopo la nascita, viene effettuata di routine la profilassi anti gonococcica, con un collirio antimicrobico (profilassi di Credé). Nel corso della storia la gonorrea del distretto oculare è stata descritta con diversi altri sinonimi, tra cui scolo dell’occhio, congiuntivite purulenta, oftalmia gonorroica e oftalmia egiziaca.

Gonorrea nei bambini e negli adolescenti

Il contagio sessuale non è l’unica modalità di trasmissione della gonorrea, in quanto il gonococco è un batterio presente in molti ambienti, e oltre alla trasmissione prenatale sono possibili anche forme di contagio accidentale (per esempio spugne, asciugamani). Infatti, in letteratura sono stati riportati rari episodi di gonorrea (uretrite, vulvite, balanite, prurito) in fasce d’età che ancora non avevano avuto i primi contatti sessuali. In passato la gonorrea pediatrica era più frequente rispetto a oggi, sia per l’uso dei pannolini a risciacquo (non monouso) sia perché si utilizzavano ancora i termometri genitali per monitorare la temperatura corporea. Un esempio di gonorrea pediatrica è la stomatite gonococcica dei neonati allattati al seno che può verificarsi quando la mamma è inconsapevolmente affetta da gonorrea. In un neonato, la presenza di una congiuntivite purulenta deve far ricercare tra le altre cause anche una possibile infezione da gonocococco.

Gonorrea disseminata

La forma sistemica della gonorrea è rara e si può presentare con febbre, artrite e pustole necrotiche cutanee (per esempio sindrome artrite dermatite, poliartrite gonococcica). Prima dell’impiego degli antibiotici la setticemia gonococcica era di frequente osservazione, soprattutto nelle persone più deboli, con conseguenza talora anche gravi, tra cui endocardite, pericardite, miocardite e vasculite. Così come erano più frequenti i casi di mialgia, tenosinovite, borsite e artrite gonococcica (cosiddetto reumatismo gonococcico).

Esami di laboratorio e test per la gonorrea

La ricerca del gonococco può essere praticata sulla secrezione uretrale del mattino. Essendo il gonococco un batterio gram negativo, in laboratorio si utizza come colorante anche una soluzione all’1% di blu di metilene (chiamata anche colorazione Giemsa, in onore del chimico tedesco Gustav Giemsa che la propose nel 1904). L’esame colturale può essere praticato anche sul liquido seminale (spermiocoltura) o sul secreto prostatico. Per la coltura del gonococco si può ricorrere sia a un terreno arricchito non selettivo (per esempio agar cioccolato), che a mezzi più selettivi (terreno di Thayer Martin, terreno di McLeod). I test immunoenzimatici utilizzano invece anticorpi specifici. Nelle persone con scarsa secrezione, questa può essere stimolata sorseggiando la sera prima del test, una bevanda alcolica (cosiddetto test della birra). Nel maschio la secrezione è prelevata dal meato uretrale, tramite spremitura uretrale o massaggio prostatico. Nella donna il test può essere effettuato dal secreto uretrale e dalla cervice uterina. Se il test è positivo per il gonococco, l’antibiogramma può suggerire l’antibiotico più efficace per quel determinato paziente, scovando eventuali resistenze batteriche. Esame delle urine, urinocoltura, esame del liquido seminale, spermiocoltura e antibiogramma possono talora essere richiesti al momento della visita venereologica, sulla base del quadro clinico del paziente. Nelle persone con gonorrea in atto, le urine appaiono uniformemente torbide e possono talora contenere al loro interno dei filamenti muco purulenti in sospensione. In presenza di batteri nelle urine, l’urinocoltura con antibiogramma potrà fornire al medico informazioni più precise. In presenza di una secrezione venerea è importante ricercare anche eventuali altre malattie sessualmente trasmissibili che il paziente potrebbe aver contratto contemporaneamente alla gonorrea.

Piccoli condilomi del solco balanoprepuziale in paziente con gonorrea e infezione da Candida

La gonorrea nella storia della medicina

La gonorrea o scolo è stata una delle prime malattie veneree a essere stata descritta nella storia della medicina. Infatti si trovano descrizioni della gonorrea già nei libri dell’Imperatore giallo Huang Ti, che risalgono al 2600 a.C. Nel terzo libro della Bibbia (Levitico 15:2) la gonorrea fu citata da Mosè con le seguenti parole: «Chiunque ha una gonorrea, a motivo della sua gonorrea è impuro. La sua impurità sta nella sua gonorrea, sia la sua gonorrea continua o intermittente, la impurità esiste. Ogni letto sul quale si coricherà colui che ha la gonorrea sarà impuro, e ogni oggetto sul quale si sederà sarà impuro. Chi toccherà il letto di colui si laverà le vesti, laverà se stesso nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Chi si sederà sopra un oggetto qualunque sul quale si sia seduto colui che ha la gonorrea, si laverà le vesti, laverà se stesso nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Chi toccherà il corpo di colui che ha la gonorrea, si laverà le vesti, laverà se stesso nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Se colui che ha la gonorrea sputerà sopra uno che è puro, questi si laverà le vesti, laverà se stesso nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Ogni sella su cui sarà salito chi ha la gonorrea, sarà impura». Nel V secolo a.C. il filosofo greco Erodoto scrisse nel suo libro delle Storie che quando gli Sciti (popolo proveniente dalle steppe settentrionali dell’Asia centrale) invasero la Palestina, devastarono il tempio della dea Venere Urania, dea dell’amore puro, la quale irritata mandò sopra di loro la gonorrea, una maledizione caratterizzata dallo scolo del pene. Più o meno nello stesso periodo anche il medico greco Ippocrate di Cos descrisse la gonorrea nei suoi aforismi. Il quadro clinico della gonorrea fu descritto dettagliatamente anche nel papiro di Ebers intorno al 1150 a.C. Nel I secolo d.C. il medico romano Aulo Cornelio Celso utilizzò l’espressione seme acquoso per descrivere il classico scolo della gonorrea, mentre che Plinio il Vecchio descrisse questo stesso fenomeno con la parola latina profluvium. Il termine gonorrea fu coniato intorno al 160 d.C. dal medico greco Galeno di Pergamo che descrisse la malattia nel suo trattato De locis affectis. A quell’epoca la gonorrea non veniva considerata una malattia contagiosa, ma una semplice spermatorrea causata dall’abuso di alcolici. Nel XI secolo il medico Garioponto della Scuola Medica Salernitana trattò la gonorrea nel quarto libro del suo trattato De Gonorrhaea descrivendola come scolazione. Per quanto riguarda la prevenzione della gonorrea i medici della Schola Medica Salerni a quell’epoca consigliavano di urinare subito dopo il rapporto sessuale. Il medico piacentino Guglielmo da Saliceto raccomandava invece il lavaggio con acqua subito ogni rapporto sospetto. Il suo allievo, il medico milanese Ugo Lanfranco suggeriva dopo ogni rapporto sessuale di detergere i genitali esterni con la propria urina o con una soluzione di acqua e aceto in parti uguali. Nel 1305 il medico francese Bernard de Gordon nel suo trattato De Urinis, attribuì la gonorrea a eccessi venerei e la definì come un’emissione di sperma senza voluttà. Più o meno nello stesso periodo il medico milanese Maino Maineri descrisse la gonorrea nel suo Liber regiminis sanitatis, e ne attribuì le cause alle cattive posizioni assunte dalla coppia durante il rapporto sessuale (coito impuro). In Francia, il chirurgo francese Guy de Chauliac proponeva irrigazioni uretrali a base di olio di scorpione e sterco di colomba. Per facilitare l’eliminazione naturale dello scolo applicava in prossimità del meato uretrale esterno un pidocchio o una cimice così da stimolare il riflesso della minzione. Nel 1493 il medico italiano Alessandro Benedetti fu tra i primi a parlare di gonorrea come malattia venerea. Sempre nel XV secolo il medico veneziano Marcello Cumano praticava alle persone con gonorrea iniezioni uretrali con latte di donna, o in mancanza di questo, con latte di capra o di vacca, come proposto quattro secoli prima dal medico cartaginese Costantino l’Africano. Non essendo ancora nata la moderna microbiologia, fu attribuita la causa della gonorrea a un presunto veleno venereo. Erano gli anni in cui le malattie veneree venivano chiamate anche malattie afrodisiache. Per molti anni gonorrea e sifilide furono descritte come un’unica malattia. Nel 1542 il medico belga Andreas van Wesel (noto in Italia come Andrea Vesalio) descrisse nel suo trattato De humani corporis fabrica, la minzione particolarmente dolorosa delle persone con uretrite gonococcica. Nel 1567 il medico modenese Gabriele Falloppio descrisse la blenorragia con termini come blenorrea, catarro uterino, male venereo, scolo gonorroico e gonorrea francese. Nello stesso anno il medico padovano Bernardino Tomitano nel suo trattato De’ Morbo Gallico descrisse la gonorrea come un sintomo autolimitante e totalmente diverso dalla sifilide. Si iniziò pertanto a parlare di gonorrea non gallica, per distinguerla dalla lue (morbo gallico). Nel 1689 il medico francese Louis Le Monnier sostenne che la leucorrea purulenta che avevano i pazienti affetti da gonorrea non era dovuta né alla perdita di liquido seminale né allo scolo di liquido prostatico, come fino ad allora creduto. Ipotizzò piuttosto una linforragia o linforrea, cioè una perdita di linfa attraverso i vasi linfatici genitali a opera di un ipotetico virus venereo non ancora identificato. Nel 1736 il dermatologo francese Jean Astruc pubblicò il primo trattato francese di venereologia, con il quale propose il salasso come possibile cura della gonorrea. Nel 1740 il chirurgo tedesco Samuel Theodor Quellmalz descrisse l’oftalmia gonococcica dei neonati. Nel 1756 il chirurgo militare francese Jacques Daran inventò uno speculum vaginale per distinguere nella donna la gonorrea da altre forme di leucorrea, e ne descrisse l’uso nel suo Trattato completo della gonorrea virulenta maschile e femminile. Nel 1761 il medico romagnolo Giovanni Battista Morgagni dimostrò con numerose autopsie che la gonorrea non era causa di ulcera uretrale, così come fino ad allora ipotizzato, e considerò il caratteristico scolo della gonorrea come una secrezione eccessiva di muco da parte delle ghiandole mucose dell’uretra. Nel 1767 il medico scozzese John Hunter si inoculò del materiale purulento proveniente dalle secrezioni uretrali di un paziente con scolo e poco dopo si ammalò di sifilide. Sfortunatamente il paziente era affetto da entrambe le malattie e ciò confermò l’errata convinzione dell’origine unica. Nel 1768 il medico scozzese William Fordyce propose come cura della gonorrea l’uso del cloruro di mercurio per via orale, e considerò dannosi i purganti drastici proposti dal medico inglese Thomas Sydenham. Per una dozzina di anni la sifilide e la gonorrea furono curate con successo con il cloruro di mercurio somministrato per via orale, un medicamento efficace ma talmente corrosivo da provocare in alcuni pazienti emorragia interna. Per evitare questo spiacevole effetto indesiderato, nel 1780 il medico campano Domenico Cirillo, originario di Grumo Nevano e in servizio presso l’Ospedale Incurabili di Napoli, propose l’impiego per uso topico del mercurio disciolto nella sugna. Una dracma di cloruro di mercurio veniva triturata in un mortaio di marmo per 12 ore con un’oncia di sugna di maiale, e l’unguento così ottenuto veniva massaggiato per almeno due ore alla pianta dei piedi del paziente (le famose fregagioni di sublimato). Essendo il cloruro di mercurio una sostanza piuttosto corrosiva, il trattamento veniva sospeso se il paziente sviluppava erisipela. Cirillo sostituì il cloruro di mercurio con del mercurio metallico, meno irritante. Questo nuovo unguento mercuriale fu ricordato per anni come pomata del Cirillo o unguento napoletano a base di mercurio purissimo, grasso di maiale e qualche goccia di zolfo trementinato. In seguito tale unguento fu modificato da diversi autori, e a seconda della quantità di mercurio e di altre sostanze aggiuntive si parlava di unguento napolitano simplex, doppio unguento napoletano, unguento napoletano quadruplo, unguento mercuriale canforato, unguento mercuriale maggiore, unguento mercuriale mite, unguento mercuriale minore, unguento della Maddalena, unguento cinereo, unguento mercuriale bianco, unguento mercuriale cedrino, ossido giallo di mercurio, ossido rosso di mercurio, linimento mercuriale e cerotto mercuriale. Nel 1783 il dermatologo austriaco Joseph Jakob Ritter Plenk pubblicò nel suo trattato De’ Morbi Venerei un ampio capitolo sulla gonorrea venerea, descrivendo la tipica leucorrea purulenta come uno stillicidio di muco puriforme, che in seguito chiamò flusso bianco o fiore bianco. In realtà il termine fluor albus o fluor genitalis mulierum era già utilizzato ai tempi di Ippocrate per indicare il flusso di liquido dagli organi genitali e a seconda della provenienza veniva descritto come fluor tubarico (tube uterine), fluor cervicale (collo dell’utero), fluor corporale (endometrio), fluor vaginale (vagina) e fluor vulvare (piccole e grandi labbra). Nel 1785 il medico inglese Samuel Foart Simmons pubblicò il volume “Osservazioni sulla cura della gonorrea” nel quale definì ernia venerea il rigonfiamento del testicolo in seguito a soppressione repentina della gonorrea. Nel suo trattato chiamò gonorrea incordata l’erezione dolorosa e involontaria dei pazienti affetti da gonorrea e propose di utilizzare il miele nella preparazione delle pillole di cloruro di mercurio per renderlo meno corrosivo. Nel suo volume “Intorno alla lue venerea” il medico campano Domenico Cirillo dedicò nel 1786 un intero capitolo alla gonorrea venerea, chiamandola con il termine dialettale goccetta, e descrivendola come un residuo della lue. Nel 1789 il geologo tedesco Abraham Gottlob Werner scoprì il calometano (cloruro mercurioso) che fu presto impiegato per la cura della gonorrea e della sifilide. Nel 1793 il chirurgo scozzese Benjamin Bell pubblicò un trattato in 2 volumi «Sulla gonorrea virulenta e la lue venerea» con cui si oppose all’ipotesi espressa 26 anni prima dal suo connazionale Hunter, proponendo invece origini distinte per sifilide e gonorrea, anche per il tipo di risposta alla terapia farmacologica dell’epoca, dal momento che i rimedi mercuriali erano abbastanza utili nella cura della sifilide, ma scarsamente efficaci nella terapia della gonorrea. Il termine blenorragia (dal greco βλέννος = muco; ῥήγνυμι = fuoriuscita) fu coniato nel 1799 dal dermatologo austriaco François Xavier Swediaur nel suo Trattato completo delle malattie sifilitiche. L’autore dedicò alla gonorrea un trattato di oltre 400 pagine, nel quale introdusse nuove terminologie come reumatismo blenorragico e gonocele (ingrossamento blenorragico del ginocchio). Nei trattati di venereologia dell’Ottocento si distingueva una gonorrea esterna, con la secrezione presente solo sul glande o sulla vulva (chiamata anche gonorrea bastarda o falsa gonorrea) da una gonorrea interna proveniente dall’uretra (nota come gonorrea uretrale e considerata una vera gonorrea). Nel 1806 il medico lombardo Giovanni Battista Monteggia rimarcò nel suo Compendio sulle malattie veneree la distinzione tra sifilide, gonorrea e ulcere genitali, con le seguenti precisazioni: «La lue non è mai conseguenza della scolazione», «La materia gonorroica non produce mai ulcere» e «Il veleno delle ulcere non produce mai la gonorrea». Nel 1831 il medico tedesco Karl Heinrich Dzondi divise la gonorrea acuta (che chiamò blenorragia maligna) dalle gonorrea cronica (che chiamò blenorrea), e curava entrambe le forme con applicazioni locali di acqua ossimuriatica, nota anche come acqua clorata, così come pubblicato nel suo trattato intitolato Nuovo e sicuro metodo di guarire la sifilide in tutte le sue forme. Nel suo volume “Dell’origine del contagio venereo” il medico milanese Carlo Porro descrisse nel 1836 la gonorrea con le seguenti parole: «Abbiamo già sopra notato come lo scolo ai genitali comune al popolo Ebreo era così contagioso che le leggi di Mosè prescrivevano abluzioni frequenti, e la separazione degli individui che ne erano affetti, onde impedire la propagazione». Nel 1838 il dermatologo francese Philippe Ricord, medico di Napoleone, smentì l’ipotesi di Hunter e descrisse la gonorrea come una malattia distinta dalla sifilide. Nel 1842 il medico omeopata americano Samuel Swan testò su se stesso un preparato che ottenne dalla diluizione e dalla dinamizzazione della secrezione blenorragica di un malato di gonorrea che non aveva ancora effettuato alcuna terapia. Chiamò tale rimedio Medorrhinum e in seguito lo descrisse nel suo trattato di Materia Medica sui nosodi. Nel 1854 il medico omeopata tedesco Wilhelm Gollmann descrisse la gonorrea nel suo libro «Guida omeopatica alle malattie degli organi urinari e sessuali», proponendo rimedi naturali come aconitum, belladonna, sulphur, mercurius, ignatia, nux vomica e argentum. All’epoca non erano ancora disponibili gli antibiotici e i rimedi utilizzati erano a volte troppo irritanti (per esempio il permanganato di potassio, il litargirio, il solfato di rame idrato (vetriolo azzurro), il solfato rameico idrato (verderame), l’albargina, l’argento proteinato, il caseinato di argento, l’acqua di calce, la gomma ammoniaca, il nitrato di bismuto, il clorato di potassio, la trementina, la canfora, il balsamo del Perù, il protargolo, il diacetato di piombo, la pietra caustica, la cantaridina, il liquore anodino di Hoffmann e i derivati del mercurio e l’ossicianuro di mercurio). Oltre ai composti chimici, spesso troppo aggressivi, per la cura della gonorrea venivano talora impiegati anche rimedi vegetali dotati di una discreta attività antiflogistica tra cui l’olio di sandalo citrino (Santalum album), il catecù (Acacia catechu), la salsapariglia nostrana (pianta nota in Italia anche come stracciabraghe o strazzacausi), il sassofrasso (Sassafras albidum), il mezereo (Daphne mezereum o fior di stecco), la graziola (Gratiola officinalis), la malva (Malva sylvestris), il balsamo di copaiba (Copaifera officinalis) e la resina di guaiaco (Lignum vitae). Nel 1866 il chirurgo inglese Henry Thompson propose una cura per la gonorrea con delle candelette medicamentose, inserite dal paziente all’interno del canale uretrale. Le candelette di Thompson erano dei sottili cilindri di burro di cacao lunghi dai 6 agli 8 cm, imbevuti con tracce di oppio, belladonna, nitrato di bismuto, tannino, acetato di piombo e nitrato d’argento. Nello stesso anno il dermatologo francese Philippe Ricord presentò uno strumento in grado di insufflare polveri medicamentose direttamente nel canale uretrale. Le candelette risultavano però meno dolorose e più pratiche dal momento che il paziente poteva utilizzarle da solo a casa. Per la cura della gonorrea si iniziarono a utilizzare diversi altri tipi di candelette medicate, come ad esempio quelle a base di sugna, solfato di zinco e gomma di chino. Nel 1876 il ginecologo tedesco Emil Oscar Jacob Bruno Noeggerath indicò la gonorrea latente tra le possibili cause di malattia infiammatoria pelvica. Nel 1879 il dermatologo tedesco Albert Ludwig Sigesmund Neisser isolò il gonococco dal pus blenorragico. Nel 1882 il dermatologo tedesco Leo Leistikow e il microbiologo tedesco Friedrich August Johannes Löffler coltivarono per la prima volta il gonococco su gelatina e siero, e nel 1884 il ginecologo tedesco Ernst Bumm riuscì a dimostrarne la trasmissione all’uomo. Nel 1880 il ginecologo tedesco Carl Siegmund Franz Credé propose la profilassi dell’oftalmia gonococcica dei neonati attraverso l’uso di un collirio di nitrato d’argento all’1%. Nel 1890 il ginecologo austriaco Ernst Wertheim isolò il gonococco dalle tube di Falloppio e dimostrò che oltre all’epitelio cilindrico del tratto riproduttivo il gonococco poteva estendersi anche all’epitelio squamoso del peritoneo. Nel 1892 il medico francese Jules Janet propose per la cura topica della gonorrea i lavaggi con soluzioni altamente diluite di permanganato di potassio, pratica che in seguito fu abbandonata a causa delle frequenti irritazioni. Nel 1893 i dermatologi francesi Jean Baptiste Émile Vidal e Léonard Marie Lucien Jacquet descrissero nei pazienti con gonorrea una cheratodermia palmoplantare (cheratodermia blenorragica), nota anche come sindrome di Vidal Jacquet. Nel 1907 il dermatologo toscano Pio Colombini descrisse l’artrite gonococcica. Nel 1923 il dermatologo tedesco Erich Hoffmann descrisse una linfangite venerea che inizialmente attribuì alla sifilide primaria (linfangite luetica) e alla gonorrea (linfangite gonococcica), per poi smentirne l’origine venerea in seguito, nel 1938, e attribuì le cause di tale linfangite a un fenomeno meccanico definendola come linfangite sclerosante edematosa non venerea, termine ampiamente utilizzato ancora oggi. Nel 1930 il ginecologo americano Arthur Hale Curtis descrisse una complicanza comune sia nelle donne affette da gonorrea che nelle pazienti con infezioni da Clamidia, e caratterizzata da un processo infiammatorio esteso a tutta la regione pelvica (PID = malattia infiammatoria pelvica). Nel 1934 il chirurgo americano Thomas Fitz Hugh riportò altri casi simili, di una complicanza della gonorrea oggi nota come sindrome di Fitz Hugh Curtis. Prima della scoperta degli antibiotici, sia la sifilide che la gonorrea occupavano uno spazio importante nei trattati di dermatologia e venereologia, mentre oggi se ne parla pochissimo, nonostante la gonorrea sia ancora una patologia venerea molto diffusa. Per secoli dunque ha dominato una visione pansessualista o panvenerea delle malattie della pelle, secondo la quale la maggior parte delle manifestazioni cutanee potevano avere una causa o una concausa venerea. Nel XIX secolo malattie veneree come gonorrea e sifilide venivano anche chiamate malattie celtiche, e l’ambulatorio preposto alla cura veniva chiamato con termini come dispensario celtico o dispensario anticeltico. Fino all’inizio del secolo scorso sifilide e gonorrea erano così ostiche da curare che il dermatologo (chiamato anche sifilografo), visitava il paziente in ambulatori dedicati alla diagnosi e alla terapia di queste due patologie, o in un’apposita sala del proprio ambulatorio (comparto di sifilografia), o all’interno di strutture pubbliche note all’epoca come sifilocomi. Con l’introduzione degli antibiotici, sifilide e gonorrea, seppur di frequente osservazione, divennero malattie veneree facilmente curabili, e il termine sifilocomio fu gradualmente rimpiazzato da espressioni come sifiliatria, sifiliatrica, sifilopatia, sifilopatica e dermosifilopatica, fino al concetto moderno di medico specialista in dermatologia e venereologia. Attualmente l’espressione più ampia di dermatologia genitale comprende non solo malattie veneree di frequente osservazione come condilomi, papulosi bowenoide, gonorrea e sifilide, ma anche le numerose manifestazioni cutanee non veneree dei genitali esterni, come ad esempio il lichen simplex cronico, la balanite irritativa, i grani di Fordyce, gli angiocheratomi genitali, le papule perlacee e la balanite di Zoon, avvalendosi di metodiche diagnostiche meno invasive rispetto al passato,a cui la penoscopia e la vulvoscopia. La gonorrea è al momento classificata nel sistema internazionale ICD-11 con un codice diverso a seconda della variante clinica.

Alcune forme di gonorrea secondo la classificazione ICD-11
Infezione gonococcica genito urinaria1A70
Pelviperitonite gonococcica1A71
Gonorrea muscolo scheletrica1A72.0
Gonorrea del pene1A70.00
Vulvite blenorragica1A70.0Y
Gonorrea rettale1A72.1
Gonorrea anale1A72.2
Faringite gonococcica1A72.3
Congiuntivite gonococcica1A72.4
Congiuntivite disseminata1A73
Gonorrea in gravidanzaJB63.2
Gonorrea resistente alle cefalosporineMG50.60
Gonorrea resistente ai macrolidiMG50.61
Gonorrea resistente all’aminociclitoloMG50.62
Gonorrea resistente ai fluorochinoloniMG50.63
Gonorrea resistente agli aminoglicosidiMG50.64
Gonorrea resistente ad altri antibioticiMG50.6Y

Profilassi e terapia della gonorrea

Dopo l’infezione da Clamidia, la gonorrea è la malattia venerea di origine batterica più frequente al mondo. Come per le altre malattie veneree la prevenzione consiste nell’uso del profilattico nei rapporti occasionali con sconosciuti. Secondo un recente studio neozelandese sembra che le persone che hanno fatto il vaccino per il meningococco di tipo B (Neisseria meningitidis è associato alla meningite) hanno un rischio minore di contrarre la gonorrea. Anche se per ora manca un vero e proprio vaccino per la gonorrea la migliore prevenzione resta l’uso del preservativo. Una volta diagnosticata, la gonorrea risponde molto bene ai moderni protocolli terapeutici (per esempio antibiotici come spectinomicina, ceftriaxone, cefixima, ciprofloxacina, tetracicline). In caso di diagnosi di gonorrea, il dermatologo richiede un checkup completo per tutte le malattie a trasmissione sessuale (per esempio test HIV 1 e 2, VRDL quantitativo, TPHA quantitativo, ricerca della Clamidia). Con l’introduzione degli antibiotici la gonorrea è diventata una malattia facilmente curabile, ma negli ultimi anni stanno emergendo ceppi di Neisseria gonorrhoeae produttori di beta lattamasi e altri enzimi che rendono alcune forme di gonorrea particolarmente resistenti alle penicilline e alle tetracicline sistemiche. Di recente sono stati riportati casi di gonorrea resistente ai comuni antibiotici (tra cui ciprofloxacina, ceftriaxone e azitromicina), una rara variante clinica denominata super gonorrea resistente ai farmaci, e trasmissibile anche mediante rapporti orali (Drug Resistant Super Gonorrhea), per la quale sono allo studio nuove molecole (per esempio solitromicina, gepotidacina e zoliflodacina). Come per tutte le altre malattie a trasmissione sessuale, anche per la gonorrea è importante la visita della coppia oltre che del singolo partner interessato.