Cheratosi pilare nei bambini e negli adulti

La cheratosi pilare alba si presenta con una pelle rasposa, simile alla pelle d’oca

a cura del dermatologo Dott. Del Sorbo
riceve a SALERNO

La cheratosi pilare è un problema di pelle causato dall’accumulo di cheratina all’interno dei follicoli piliferi. Si presenta con tante piccole papule follicolari puntiformi che conferiscono alla pelle un aspetto rasposo a tipo pelle d’oca (goose bump skin) o pelle di gallina (chicken skin). Ne esistono diverse varianti cliniche. La cheratosi pilare alba, detta anche bianca o simplex, si manifesta soprattutto alla superficie posteriore delle braccia, ai fianchi, ai glutei, e alla faccia anterolaterale delle cosce, ma può interessare anche altri distretti cutanei (per esempio viso, avambracci, gomiti, caviglie, ginocchia e gambe). La cheratosi pilare alba è una condizione di frequente osservazione in dermatologia, in quanto presente in oltre la metà della popolazione sana, soprattutto nelle persone chiare con pelle secca, o con dermatite atopica. Esiste una predisposizione familiare a sviluppare cheratosi pilare, che segue un’ereditarietà di tipo autosomico dominante. L’aggettivo “simplex” indica che rispetto alle forme di cheratosi follicolare più impegnative, nella cheratosi pilare alba l’infiammazione è minima, l’eritema è confinato alla sola zona perifollicolare, e mancano sia l’atrofia cutanea che l’alopecia cicatriziale.

Cheratosi pilare alle gambe osservata a occhio nudo (foto in alto) e mediante dermatoscopio (foto in basso)

La cheratosi pilare si presenta con pelle rasposa e arida

Al tatto la pelle appare rasposa a causa delle tante piccole papule che si formano a livello dei follicoli piliferi, e per tale motivo la cheratosi pilare può essere considerata una forma di follicolite cronica. Anche se nell’immaginario collettivo il termine cronico è associato a qualcosa di perenne, in dermatologia viene utilizzato per indicare tutte quelle problematiche cutanee con durata superiore alle 6 settimane. La cheratosi pilare bianca è pertanto definita cronica perché in alcune persone può durare anche diversi anni, anche se poi, con il trascorrere del tempo, è possibile anche la scomparsa spontanea. Le papule follicolari della cheratosi pilare alba hanno un colore grigiastro e le zone interessate danno al tatto l’impressione di una grattugia, della pelle d’oca o di un pollo spennato (segno di Besnier). A volte i singoli follicoli sono circondati da un sottile anello cianotico, detto eritema pernio follicolare.

Cheratosi pilare localizzata al braccio (foto in alto) e al dorso (foto in basso)

La cheratosi pilare è causata da una minore produzione di sebo e da un accumulo di cheratina nei follicoli piliferi

Nella cheratosi pilare semplice la cute è estremamente secca oltre che ruvida. Le singole papule consistono in tappi di cheratina che riempiono il follicolo pilifero fino a debordare, e sono spesso centrate da un piccolo pelo atrofico e ricurvo, alla cui asportazione involontaria segue una piccola depressione puntiforme. La cheratosi pilare compare nei bambini piccoli, e tende man mano a ridursi dopo la pubertà, ma può anche persistere in alcuni adulti.

Le papule della cheratosi pilare alba sono di colore chiaro perché l’infiammazione è di scarsa intensità

All’esame istologico la cheratosi pilare presenta un quadro di ispessimento dello strato granuloso, con follicoli piliferi dilatati e colmi di cheratina, da un pelo attorcigliato, da atrofia delle ghiandole sebacee e da un infiltrato linfocitario intorno ai piccoli vasi del derma papillare. Alla dermatoscopia si possono meglio evidenziare al centro delle papule i peli corti attorcigliati nell’ostio follicolare. Sono state riscontrate mutazioni a carico della filaggrina associate all’atrofia delle ghiandole sebacee annesse ai follicoli piliferi interessati. La cheratosi pilare è molto frequente nelle persone con dermatite atopica, pitiriasi alba, monilethrix o ittiosi, e tende al miglioramento spontaneo durante la stagione balneare.

Cheratosi pilare rubra con papule follicolari non atrofizzanti

La cheratosi pilare rossa atrofizzante si manifesta soprattutto al viso

La cheratosi pilare rossa atrofizzante del volto si localizza maggiormente alla coda delle sopracciglia, alle guance, e alla regione preauricolare sotto forma di chiazze atrofiche, diradamento dei peli o di alopecia cicatriziale. Si manifesta in età pediatrica e tende a migliorare con il trascorrere degli anni. Le papule puntiformi, sono simili a quelli osservati nei pazienti con cheratosi pilare alba, ma in questi pazienti le papule si formano su una cute più infiammata e persistentemente arrossata (da cui il nome di cheratosi rubra). Nelle aree con cheratosi pilare rossa il pelo tende a sparire con il tempo. Quando localizzata unicamente alle sopracciglia la cheratosi pilare rubra prende il nome di ulerythema ophryogenes. La cheratosi pilare rossa può talora associarsi a situazioni non dermatologiche, tra cui ipotiroidismo, obesità, diabete mellito, ipovitaminosi A, sindrome di Cushing, sindrome di Down e sindrome di Noonan (una malattia rara causata da un difetto dell’enzima tirosin fosfatasi 2, e caratterizzata da bassa statura, dismorfismo facciale e difetti cardiaci congeniti). In letteratura è stata individuata in alcuni pazienti affetti da cheratosi pilare atrofica una delezione sul braccio corto del cromosoma 18 (più o meno nella regione 18p11.3 in cui è situato il gene LAMA1 che codifica per la laminina α1), mentre in altri pazienti è stato riportato un difetto sul braccio lungo del cromosoma 18 (più o meno nella regione 18q12.1 in cui è situato il gene DSG4 che codifica per la desmogleina 4, una proteina importante nell’ancoraggio delle cellule dell’epidermide). Alle guance la cheratosi pilare rossa porta a un diradamento della barba, mentre al sopracciglio porta a un eritema cicatriziale. Oltre alla cheratosi pilare simplex (alba e rubra), esistono forme di cheratosi pilare che si accompagnano a notevole componente infiammatoria, con conseguente atrofia cutanea e alopecia cicatriziale. Rientrano in questo gruppo la cheratosi pilare rossa atrofizzante del viso, la cheratosi follicolare spinulosa decalvante e l’atrofodermia vermicolata del viso (nota anche come follicolite uleritematosa reticolata). Esistono anche patologie che possono manifestarsi con una cheratosi pilare acquisita, tra cui il lichen plano pilare, l’eczema follicolare, la psoriasi follicolare, la sifilide secondaria spinulosica, l’ittiosi follicolare, la cheratosi pilare dei pazienti con insufficienza renale cronica, la dermatomiosite, la cheratosi pilare iatrogena indotta da farmaci come il litio, alcuni inibitori della tirosin chinasi (per esempio (dasatininb, erlotinib, nilotinib, ponatinib) e alcuni BRAF inibitori (per esempio dabrafenib, sorafenib, vemurafenib). La ciclosporina invece è maggiormente associata alla comparsa della tricodisplasia spinulosa, una variante clinica di tipo virale descritta recentemente (follicolodistrofia indotta da ciclosporina). Esistono anche rare cheratosi follicolari da idrocarburi, legate all’abuso di olii minerali derivati del petrolio (per esempio paraffina e vaselina).

Quando alla cheratosi follicolare (papule) si associa un’importante componente infiammatoria (rossore), anche la peluria appare più diradata

Eritrosi del volto e del collo con pigmentazione reticolare

L’eritrosi del collo fu descritta nel 1944 dal dermatologo svizzero Max Leder con il nome di eritrosi interfollicolare. Si presenta con un persistente rossore al collo e al decolléte, e che si accentua con lo sforzo fisico, con gli sbalzi termici e con lo sfregamento meccanico (per esempio dopo la detersione). L’eritromelanosi interfollicolare del collo non causa né prurito, né bruciore, ma il rossore è persistente, e spesso si associa a una pigmentazione cutanea piuttosto evidente. Al tatto la pelle si presenta ruvida come accade per altre forme di cheratosi follicolare. Il rossore è dovuto alla presenza di numerosi capillari che producono un rossore diffuso che si interrompe solo in corrispondenza delle aree perifollicolari, che appaiono chiare e rilevate (pelle di gallina). La presenza di melanina (eritromelanosi) è legata al danno solare ed è simile a quella riscontrata in un comune cloasma. L’eritrosi interfollicolare di Leder può insorgere dopo uno o più episodi di eritema solare a causa del danno attinico, e pertanto sulle aree interessate l’uso di creme ad alto fattore di protezione solare è raccomandato. L’eritrosi del volto fu descritta nel 1960 dai ricercatori giapponesi Kanehiko Kitamura, Taizo Kato, Yutaka Mishima e Shunro Sonoda e presenta un quadro molto simile. In entrambi i casi alla cheratosi follicolare si associa anche la presenza di numerose teleangectasie interfollicolari e di iperpigmentazione dello strato basale dell’epidermide. È importante la diagnosi differenziale con altre manifestazioni cutanee apparentemente simili (per esempio rosacea, acne, pitiriasi rubra pilaris, acne aestivalis, malattia di Darier, sifiloderma lichenoide, dermatite polimorfa solare).

Eritrosi del volto, del collo e del decollété con cute arrossata, ruvida e pigmentata (eritromelanosi follicolare)

La poichilodermia reticolata, anche nota come poichilodermia di Civatte fu descritta nel 1923 dal dermatologo francese Achille Civatte. Questa fotodermatosi si manifesta al collo e al décolleté con fini teleangectasie, eritrosi reticolata, piccole papule biancastre e atrofia cutanea.

La terapia della cheratosi pilare dipende dal quadro clinico

La terapia dipende dal tipo di cheratosi pilare. Per la cheratosi alba pilare si utilizzano in genere emulsioni, balsami e creme a base di blandi cheratolitici (per esempio urea, acido lattico, acido salicilico). Anche gli scrub delicati sono spesso utilizzati. Nelle forme di cheratosi pilare particolarmente infiammate, arrossate o pruriginose, si può ricorrere a brevi cicli con steroidi topici, evitandone ovviamente l’abuso, in quanto terapie steroidee troppo prolungate non sono scevre da possibili effetti indesiderati. Al momento della visita dermatologica può essere programmata una terapia farmacologica mirata sulla base del quadro clinico del paziente.

Il termine cheratosi pilare fu introdotto nel 1886 dal dermatologo americano George Thomas Jackson

Nella storia della dermatologia sono stati utilizzati diversi sinonimi per indicare quella che oggi chiamiamo cheratosi pilare. Nel 1876 il dermatologo inglese William James Erasmus Wilson descrisse questo quadro clinico con il nome di follicolite rubra. Nel 1878 il dermatologo inglese William Tilbury Fox pubblicò un articolo sul British Medical Journal in cui utilizzò l’espressione cacotrofia follicolare, ipotizzando tra le possibili cause un problema di malnutrizione. Nel 1880 il dermatologo austriaco Isidor Neumann descrisse questo stesso quadro clinico con il termine lichen pilare, all’interno del suo Trattato sulle malattie della pelle. Un altro termine utilizzato a quell’epoca per descrivere la cheratosi pilare era dermatospasmo, in quanto tale fenomeno era attribuito alla contrazione dei muscoli erettori del pelo. Nel 1881 il dermatologo ungherese Moriz Kohn Kaposi utilizzò invece espressioni come xerodermia pilare e ipercheratosi follicolare. Nel 1882 il medico francese Georges Alphonse Hubert Lemoine utilizzò il termine di ittiosi anserina per indicare la tipica pelle d’oca della cheratosi pilare (dal latino anserinus = oca). Nel 1886 il dermatologo americano George Thomas Jackson fu il primo a utilizzare il termine cheratosi pilare all’interno del suo trattato sulle malattie della pelle, accorpando sotto questo nome la maggior parte dei sinonimi utilizzati in precedenza. Nel 1887 il dermatologo inglese Robert Liveing la chiamò xeroderma follicolare per sottolineare che tale fenomeno è maggiormente visibile nelle persone con pelle secca (dal greco ξηρός = secca). Sempre nel 1887 il dermatologo scozzese Thomas McCall Anderson la chiamò pitiriasi pilare nel suo trattato sulle malattie della pelle. Il dermatologo francese George Thibierge la chiamò ittiosi anserina giovanile, in quanto più frequente nei bambini e nei giovani adulti. Nello stesso periodo il dermatologo francese Alfred Louis Philippe Hardy utilizzò il termine di ittiosi cornea. Il dermatologo tedesco Paul Gerson Unna utilizzò il termine di cheratosi soprafollicolare pilaris alba e rubra per indicare le due principali varianti cliniche. Il dermatologo francese Pierre Antoine Ernest Bazin utilizzò il termine lichen pilare ipertrofico. Il dermatologo tedesco Hermann Werner Siemens la chiamò lichen ruber acuminatus. Nel 1889 il dermatologo scozzese William Allan Jamieson utilizzò il termine lichen pilaris. Nel 1889 il dermatologo tedesco Paul Rudolf Taenzer descrisse l’eritema atrofizzante del terzo laterale delle sopracciglia con il termine ancora attuale di ulerythema ophryogenes. Nel 1890 il dermatologo francese Louis Anne Jean Brocq pubblicò una monografia sulla storia della cheratosi pilare sugli Annales de Dermatologie et de Syphiligraphie. All’interno del suo trattato sulle malattie della pelle attualmente conservato presso la Biblioteca Nazionale di Francia, Brocq distinse una variante simplex (kératose pilaire blanche) da una variante eritematosa (kératose pilaire rouge). Nel 1896 il dermatologo toscano Vittorio Mibelli pubblicò sul Giornale Italiano delle malattie veneree e della pelle un articolo sull’etiologia e le varietà delle cheratosi. Nel 1894 Unna descrisse l’atrofodermia vermiculata del viso come ulerythema acneiforme. Nel 1902 il dermatologo bolognese Sebastiano Giovannini pubblicò uno studio molto dettagliato sull’istologia della cheratosi pilare. Nel 1903 il dermatologo giapponese Keizo Dohi l’urologo giapponese Goichi Momose descrissero una variante clinica di cheratosi pilare caratterizzata da squame che appaiono sollevate dalla superficie cutanea simili a foglie di loto che galleggiano sull’acqua. Questa variante clinica è oggi nota come cheratosi follicolare squamosa di Dohi e Momose. Nel 1904 il dermatologo francese Charles Audry descrisse un caso di cheratosi pilare in un bambino di 8 anni e chiamò questo quadro clinico con il nome di cheratosi circumpilare. Altri importanti studi sugli aspetti istologici della cheratosi pilare furono condotti nel 1905 dal dermatologo tedesco Felix Lewandowsky. Negli anni tra le due Guerre Mondiali la cheratosi pilare veniva attribuita alla carenza di vitamina A e al terreno tubercolare. In effetti la carenza di vitamina A (da deficit nutrizionale o da malassorbimento intestinale) crea un tipo di cheratosi pilare nota con il nome di frinoderma, detta anche pelle di rospo (dal greco φρῡ́νη = rospo) in cui la pelle che ricopre la superficie estensoria degli arti appare grigiastra, secca e aderente, ricoperta di papule brunastre che somigliano a dei comedoni. Nel 1925 il dermatologo tedesco Oscar Gans descrisse la cheratosi rubra pilare atrofica del volto. Nel 1944 il dermatologo svizzero Max Leder descrisse per la prima volta l’eritrosi del collo e coniò il termine erythrosis interfollicularis colli. Nel 1945 il medico inglese Hugh Stannus condusse uno studio su 4000 pazienti con cheratosi pilare. Nel 1954 il dermopatologo americano Elson Bowman Helwig descrisse la cheratosi follicolare invertita, un tumore benigno della cute, con aspetti clinici che possono talora simulare uno spinalioma o un basalioma. Nel 1960 i dermatologi giapponesi Kanehiko Kitamura, Taizo Kato, Yutaka Mishima e Shunro Sonoda descrissero l’eritrosi del viso con il nome di eritromelanosi del viso. Nel 1977 il dermatologo brasiliano Antar Padilha Gonçalves coniò il termine di folliculosi anserina traumatica, per includere anche l’attrito meccanico tra le possibili cause della cheratosi pilare. Negli anni successivi furono utilizzati per le varie forme di cheratosi pilare tanti altri sinonimi, tra cui pitiriasi follicolare, cheratosi pilare semplice, keratosis pilaris simplex, cheratosi punctata, folliculosi anserina, chicken skin (pelle di pollo, pelle di gallina) e goose bump skin (pelle d’oca). Attualmente la cheratosi pilare è inclusa nella Classificazione Internazionale delle Malattie ICD 11 con il codice ED56.