Cheratolisi punctata plantare erosiva e sudorazione ai piedi

a cura del dermatologo Dott. Del Sorbo
riceve a SALERNO

In presenza di cheratolisi punctata è possibile osservare veri e propri buchi nella pelle

La cheratolisi punctata è una malattia della pelle osservata comunemente in dermatologia e localizzata solitamente sulla cute della pianta dei piedi, soprattutto in corrispondenza delle aree di appoggio del piede sul pavimento come il calcagno e il metatarso. La cheratolisi plantare interessa lo strato più esterno della pelle, cioè lo strato corneo, e i tipici buchi nella pelle sotto la pianta dei piedi risultano ancor più evidenti sulla pelle bagnata da acqua o da sudore. Questo fenomeno è infatti più frequente nei pescatori, negli sportivi e nei militari. La cheratolisi punctata si presenta ai piedi con abbondante sudore appiccicoso e maleodorante, ispessimento cutaneo, aspetto bianco grigiastro e molliccio della cute macerata, soprattutto con tante tipiche erosioni giallastre puntiformi e superficiali larghe da 1 a 7 mm, con contorni netti che conferiscono a questi piccoli solchi l’aspetto di tanti crateri in miniatura, e alla pelle della pianta dei piedi un aspetto crivellato da tanti piccoli buchi. Nelle forme più estese, i singoli crateri possono fondersi e dar luogo a un’area erosiva più ampia. La cheratolisi punctata del palmo delle mani è molto più rara rispetto alla forma localizzata alla pianta dei piedi. Infatti alle mani dei pazienti con cheratolisi punctata plantare è spesso riscontrabile solo un’iperidrosi più o meno importante. La presenza di mani raggrinzite poco dopo il contatto con l’acqua deve far ricercare ed escludere eventuali forme rare di cheratodermia acquagenica da fibrosi cistica o da altre cause (per esempio ittiosi esfoliativa acquagenica). Nella maggior parte dei casi la cheratolisi punctata è asintomatica e può manifestarsi in qualsiasi fascia d’età, anche se è un po’ più frequente nel sesso maschile, e in particolare nei più giovani. Il tipico odore sgradevole che spesso si manifesta nei pazienti con iperidrosi plantare, cheratolisi punctata o eczema disidrosico è legato all’intensa attività proliferativa del microbiota locale, in particolare all’attività del Brevibacterium linens, un batterio lattico già normalmente presente sulla pelle e che tra i suoi tanti cataboliti produce il metantiolo, un composto solforato che conferisce ai piedi uno sgradevole odore di formaggio (bromidrosi). Sulla pelle sudata il Brevibacterium linens si nutre della cheratina epidermica ed è lo stesso batterio impiegato nell’industria casearia per favorire la maturazione di alcuni formaggi. Il cattivo odore della pelle nei pazienti con cheratolisi plantare punctata impatta molto sulla qualità della vita e a volte può essere motivo di disagio sociale. L’impiego prolungato di calzature occlusive peggiora sia la sudorazione dei piedi, che la macerazione, con la conseguente formazione di tanti piccoli buchetti nella pelle (pitting) tipici della cheratolisi puntiforme plantare.

La cheratolisi punctata plantare si presenta con tipici forellini sotto la pianta dei piedi

Le cause della cheratolisi punctata risiedono soprattutto nell’eccesso di sudore ai piedi e nella conseguente macerazione cutanea

Sudore, calore, occlusione e umidità rientrano tra le principali cause di cheratolisi punctata. Nella cute iperidrosica dei pazienti con cheratolisi punctata sono stati riscontrate diverse alterazioni del microbiota cutaneo con un aumento relativo di alcuni microrganismi (non solo Kytococcus sedentarius, Actinomyces keratolytica, Corynebacterium keratolyticum, Dermatophilus congolensis e Bacillus subtilis, ma anche micrococchi, dermatococchi e strepromiceti). L’intensa attività enzimatica di questi batteri (proteinasi) conduce alla distruzione della cheratina presente nello strato corneo. Kytococcus sedentarius ad esempio, è un batterio gram positivo dall’aspetto più o meno simile a un comune stafilococco. In presenza di eccessivo sudore il Kytococcus sedentarius produce almeno due tipi di keratinasi in grado di digerire la cheratina e produrre il caratteristico pitting della cheratolisi punctata. È probabile che tali enzimi proteolitici siano maggiormente attivi sui sottotipi di cheratina maggiormente rappresentati nello strato corneo dell’epidermide (per esempio cheratina k1, cheratina k2, cheratina k9, cheratina k10) e meno attivi sulle cheratine presenti negli strati sottostanti. Anche il cattivo odore è legato ai cataboliti solforici (per esempio solfiti, tioli, tioesteri) che risultano dall’intensa attività proteolitica del microbiota cutaneo. Il batterio Kytococcus sedentarius era già noto nei primi anni Quaranta del XX secolo con il nome di Micrococcus sedentarius. Nel 2002 i microbiologi britannici Christopher Longshaw, John Wright, Angela Farrell e Keith Holland spiegarono in un interessante lavoro che la capacità cheratolitica del Kitococcus sedentarius è dovuta a due serinproteasi extracellulari denominate rispettivamente proteinasi P1 (da 30kd) e proteinasi P2 (da 50kd), entrambe in grado di dissolvere le cheratine dello strato corneo dell’epidermide umana. Questi due enzimi sembrano poco attivi quando il pH della pelle è acido (pH fisiologico della pelle = 5.5) ma raggiungono la massima attività in ambiente alcalino, anche a valori di pH poco al di sopra di 7. Anche il Dermatophilus congolensis svolge la sua attività cheratolitica attraverso la produzione di enzimi proteolitici, e da questo punto di vista la cheratolisi punctata può essere considerata come una dermatofilosi umana. Nel 2005 i dermatologi turchi Igen Ertam, Derya Aytmur, e Seciye Eda Yüksel isolarono sulla cute di una persona con cheratolisi punctata il Kitococcus un actinobatterio opportunista appartenente all’ordine degli actinomiceti che non può vivere in assenza di aminoacidi, pertanto scava piccoli buchi nella pelle (pits) utilizzando le cheratine dello strato corneo dell’epidermide come preziosa fonte di aminoacidi solforati e quindi di cibo. Infatti i batteri si depositano sul fondo di ciascun tunnel intraepidermico. Tra i vari metaboliti questi batteri producono anche piccoli antibiotici polichetidici tra cui la monensina A e B. La sudorazione eccessiva dei piedi crea un ambiente particolarmente umido che penalizza alcuni microrganismi del microbiota residente, privilegiando quelli con maggior azione proteolitica sulle cheratine (enzima cheratinasi) che portano alla dissoluzione puntiforme dello strato corneo dell’epidermide e ai tipici buchi nella pelle.

In presenza di cheratolisi punctata i classici buchetti nella pelle possono talora confluire in erosioni più ampie

La diagnosi di cheratolisi punctata è soprattutto clinica

La cheratolisi punctata è facilmente riconoscibile all’esame obiettivo dermatologico a causa del suo aspetto patognomonico. In passato, prima della diffusione della dermatoscopia, per meglio evidenziare le aree di cheratolisi punctata veniva effettuato in ambulatorio il test di Minor, mediante l’applicazione di una soluzione iodata sulla pelle interessata sulla quale viniva in successivamente stesa una polvere a base di amido di riso. Nei distretti cutanei con maggior sudorazione e macerazione la polvere di amido di mais diventava di un colore bluastro. Oggi con la dermatoscopia si possono meglio osservare i piccoli crateri puntiformi dal tipico colletto periferico di colore bianco, ben marcato rispetto alla cute circostante. A ingrandimenti maggiori è possibile osservare un pattern parallelo interrotto da piccoli e numerosi anelli neri, formazioni microscopiche legate alla produzione di pigmenti da parte dei batteri. All’osservazione mediante lampada di Wood i distretti cutanei affetti da cheratolisi punctata presentano una fluorescenza rosso corallo legata all’iperproduzione di coproporfirina III da parte dei batteri proteolitici, in maniera più o meno analoga a quanto osservabile nei pazienti con eritrasma. Sia nei bambini che negli adolescenti può talora associarsi a una dermatosi plantare giovanile caratterizzata da piedi screpolati, arrossati e talora dolenti. Tra le malattie della pelle che talora possono entrare in diagnosi differenziale con la cheratolisi punctata occorre ricordare le verruche plantari, la psoriasi plantare, l’eczema disidrosico, le micosi (per esempio tinea pedis), la malattia mani piedi bocca, l’intertrigine da pseudomonas, il lichen planus, la localizzazione plantare della malattia di Darier e la cheratodermia palmoplantare punctata di tipo I. All’esame istologico nella pelle interessata da cheratolisi punctata si osservano solo acantosi e ipercheratosi, e i buchi nella pelle scavati dagli enzimi proteolitici dei batteri sono limitati al solo strato corneo.

Nella storia della dermatologia la cheratolisi punctata è stata descritta con diversi nomi

Tra i vari sinonimi utilizzati nel corso della storia per descrivere la cheratolisi punctata ne riporto soltanto alcuni: cheratodermia palmoplantare punctata, cheratodermia cribrata di Castellani, cheratodermia punctata di Chalmers, pitting plantare, cheratolisi plantare solcata, cheratolisi plantare erosiva, cheratoma plantare solcato, cheratolisi ad anello, pitted keratolysis, keratolysis plantare sulcatum, keratoma plantare sulcatum, porocheratosi puntata tipo Mantoux, ringed keratolysis, keratoma hereditarium dissipatum palmare et plantare di Brauer, keratoderma disseminatum palmaris et plantari, hyperkeratosis penetrans, lenticular atrophia of the palmar creases, hyperkeratosis punctata, keratotic pits. cheratosi palmo plantare punctata di Buschke Fischer e Brauer con cheratosi pilare, keratoderma punctatum di Sweitzer e cheratolisi punctata plantare. La cheratolisi punctata plantare fu descritta la prima volta nel 1910 dal patologo fiorentino Aldo Castellani in un paziente cingalese residente all’epoca nell’attuale Sri Lanka. Il patologo osservò questo quadro clinico soprattutto nelle persone che camminavano scalze durante la stagione delle piogge. Nella terza edizione del suo libro Castellani utilizzò diversi sinonimi per descrivere questo quadro clinico (per esempio keratoma plantare sulcatum, keratodermia cribrata) e ipotizzò l’associazione con alcune specie microbiche, escludendo l’associazione con il batterio della sifilide, all’epoca molto frequente da quelle parti. Infatti un quadro simile a quello di Castellani fu già stato riportato nel 1843 dal dermatologo francese Pierre Louis Alphee Cazenave sia come keratoderma punctatum syphiliticum sia come sifilide cornea nel suo trattato sulla sifilide. Cazenave si riferiva alla sifilide dei piedi oggi nota come sifilide secondaria. Nel corso della storia la cheratolisi punctata è stata descritta con diversi sinonimi. Nel 1879 il chirurgo inglese John Neville Davies Colley descrisse un quadro simile come disseminated clavus of hands and feet. Per descrivere una situazione simile nel 1903 il dermatologo francese Charles Mantoux utilizzò il termine di porokératose papillomateuse palmaire et plantaire. Nel 1910 i dermatologi tedeschi Abraham Buschke e Heinrich Fischer descrissero un quadro apparentemente simile con il nome di cheratodermia punctata palmoplantare. Nel 1913 il dermatologo tedesco August Brauer utilizzò il termine keratoma dissipatum hereditarium palmare et plantare. Nel 1917 i ricercatori Albert John Chalmers e Sagh Kamar utilizzarono il termine keratodermia punctata. Il 16 maggio 1918 i dermatologi inglesi James Galloway e Horatio George Adamson presentarono a un convegno le immagini di cheratosi punctata familiare osservate contemporaneamente in due cugini. Nel 1922 il dermatologo tedesco Eugen Emanuel Galewsky descrisse lo stesso quadro clinico come keratodermia maculosa disseminata symmetrica palmaris. Nel 1923 il dermatologo filippino Perpetuo Gutierrez descrisse il quadro come keratosis palmaris et plantaris e nel 1925 lo denominò keratodermia palmaris et plantaris sulcatum. Nel 1930 i medici indiani Hugh Acton e Christie McGuire descrissero 8 casi di cheratolisi punctata nell’attuale Bangladesh, ridenominando il quadro clinico come keratolysis plantare sulcatum, in quanto considerarono l’erosione puntiforme dello strato corneo più un effetto della cheratolisi (lisi della cheratina) anziché di una semplice ipercheratosi come il termine keratoma di Castellani poteva lasciar intendere. Gli autori attribuirono le cause della cheratolisi punctata a una possibile infezione da actinomiceti apparenenenti alla specie Actinomyces Keratolytica. Nel 1940 il dermatologo americano Sutherland Campbell descrisse l’istologia della cheratolisi puntata e confermò la presenza nello strato corneo di batteri simili ad actinomiceti. Nel 1969 il dermatologo americano Stanford Lamberg descrisse una variante sintomatica di cheratolisi punctata. Nel 1963 i dermatologi americani Nardas Zaias, David Taplin e Gerbert Rebell chiamarono la pitiriasi punctata “pitted keratolysis” e l’associarono alla presenza di corinebatteri. Nel 1968 i dermatologi americani Kennet Gill e Larry Buckels riscontrarono una cheratolisi punctata in quasi la metà dei marines impegnati nella guerra in Vietnam. In passato la cheratolisi punctata si curava con la pomata di Whitfield, unguento salicilico ad azione cheratolitica e fungicida formulato dal dermatologo inglese Arthur Whitfield per curare molte problematiche della pelle dei piedi, tra cui la tinea pedis, meglio nota con il nome di piede d’atleta.

Rimedi naturali e farmaci utilizzati nella terapia della cheratolisi punctata plantare

Per quanto riguarda la terapia della cheratolisi punctata alcuni farmaci per uso topico (per esempio eritromicina, clindamicina, mupirocina, acido fusidico, imidazolici, benzoilperossido), trattamenti medico estetici (per esempio ionoforesi, radiofrequenza, luce pulsata intensa, laser terapia, microiniezioni di tossina botulinica), disinfettanti (per esempio clorexidina, perossido di idrogeno), antitraspiranti commerciali (per esempio allume di potassio, cloruro di alluminio) e rimedi naturali (per esempio pediluvio con bicarbonato, pediluvio con aceto di mele, polvere di talco, pasta all’ossido di zinco, amido di mais, cristalli di allume di rocca) possono essere utili nella la cura della cheratolisi punctata dei piedi, ma è importante ricorrere all’uso di scarpe non occlusive, preferire i calzini in lino o in cotone a quelli in nylon o in poliestere che sono meno traspiranti, utilizzare suolette assorbenti all’interno delle scarpe, cambiare frequentemente i calzini, lavare e asciugare bene i piedi. La pomata salicilica di Whitfield ha oltre un secolo di età, ma se consigliata al momento della visita medica può talora essere ancora utile. Per la cura dell’iperidrosi sono attualmente allo studio farmaci topici ad azione anticolinergica (tra cui il bromuro di sofpironio in gel al 5% e il bromuro di glicopirronio in gel all’1%). Alcune di queste molecole vengono prodotte a partire dai loro metaboliti inattivi, e in tal caso si parla di farmaci retrometabolici. Tra gli antichi rimedi naturali utilizzati per la cura della cheratolisi punctata e più in generale per la sudorazione dei piedi, occorre ricordare anche la pietra di allume (allumite), che strisciata delicatamente sulla pelle bagnata, ha un discreto potere deodorante, antimicrobico, riparativo, lenitivo e astringente.