Dermatologo Dott. Del Sorbo

Sindrome di Björnstad e sindrome di Crandall

a cura del Dermatologo Dott. Del Sorbo
SALERNO
Sindrome di Björnstad
La sindrome di Björnstad è una malattia mitocondriale che può manifestarsi già nei primi anni di vita con la presenza di pili torti e ipoacusia neurosensoriale. Essa fu descritta nel 1965 dal dermatologo norvegese Roar Theodor Bjørnstad e da allora sono stati riportati nella letteratura scientifica meno di 50 casi. L’ipoacusia è di tipo percettivo (cocleare) e può manifestarsi già nel primo anno di vita.

PILI TORTI

I pili torti sono un’anomalia strutturale dei fusti piliferi, che risultano fragili, arruffati, ispidi, diradati, opachi e assumono un aspetto appiattito, con rotazioni di 180° sul proprio asse, a intervalli irregolari (capelli a cavatappi). La presenza di pili torti è stata riscontrata sia in condizioni fisiologiche (es. microtraumi ripetuti, assunzione di retinoidi sistemici, etc), che in situazioni dermatologiche congenite o acquisite (es. acne conglobata familiare, alopecia areata, sclerodermia, sindrome di Menkes, sindrome di Bazex Dupré Christol, displasia ectodermica di Rapp-Hodgkin, tricodisplasia, onicodisplasia, etc) e da sola, non è patognomonica della sindrome di Björnstad. Essi possono iniziare a manifestarsi già nella prima infanzia (variante precoce descritta nel 1932 dal dermatologo trevigiano Francesco Ronchese) o anche più tardi (variante tardiva descritta nel 1952 dal dermatologo britannico John Martin Beare). I pili torti sono più frequenti nelle donne con capelli biondi e sottili. In alcuni casi si possono associare anche a una perdita di capelli più o meno vistosa. La presenza di pili torti, ipoacusia neurosensoriale, deficit di LH, deficit di GH e ipogonadismo è stata descritta nel 1973 dalla pediatra americana Barbara Crandall ed è oggi nota con il nome di sindrome di Crandall. Quando all’esame clinico o alla tricoscopia, riscontriamo dei pili torti, va effettuato anche un test audiometrico, in modo da poter ricercare ed escludere situazioni associate a ipoacusia (es. sindrome di Bjørnstad, sindrome di Crandall, etc).

con la tricoscopia è possibile evidenziare alcune anomalie del fusto pilifero tra cui tricoressi nodosa e monilethrix

La tricoscopia è utile anche nello studio delle anomalie del fusto pilifero (per esempio tricoressi nodosa, monilethrix)

immagine di forfora alla tricoscopia del cuoio capelluto in paziente con monilethrix e tricoressi nodosa.

Sindrome di Björnstad e genetica molecolare

La sindrome di Björnstad è una malattia rara a trasmissione autosomica recessiva. Essa è associata alla presenza di una o più mutazioni a carico del gene BCS1L, localizzato sul braccio lungo del cromosoma 2 (regione 2q34-36). Tale distretto codifica in condizioni ordinarie per un polipeptide di 419 aminoacidi (chaperone con funzione di ATPasi, foldasi e traslocasi), necessario per l’assemblaggio di un’importante pompa protonica localizzata nella membrana interna dei mitocondri e nota anche come complesso III. In alcuni tessuti, questa ridotta attività della catena di trasporto degli elettroni, riduce la capacità delle cellule di fronteggiare lo stress ossidativo. A livello mitocondriale, la catena respiratoria è costituita da 5 complessi enzimatici (complesso I, complesso II, complesso III, complesso IV e complesso V) e da due trasportatori di elettroni (coenzima Q e citocromo C). Il complesso III è una pompa protonica che riceve gli elettroni dal Coenzima Q (ubiquinone ridotto), per cederli al citocromo C. Il gene BCS1L codifica per uno speciale chaperone molecolare che regola il corretto ripiegamento (folding) dei polipeptidi all’interno del complesso III. Questa importante struttura è saldamente legata alla membrana interna del mitocondrio, grazie alla sua estremità N-terminale. Essa ha una struttura polimerica, costituita da più subunità identiche tra loro. Appartiene alle cosiddette proteine ferro-zolfo di Rieske, in cui l’atomo di ferro, che passa continuamente da uno stato di ossidazione +3 a +2, è coordinato da due residui di istidina. In presenza di determinate mutazioni a carico del gene BCS1L, le singole subunità monomeriche, non sono in grado di assemblarsi correttamente in strutture polimeriche, esponendo così la cellula a uno stress ossidativo (es. radicali superossido). Mutazioni a carico del gene BCS1L, sono state descritte anche in altre situazioni (es. sindrome gracile, sindrome di Leigh, etc).

immagini di pili torti nella sindrome di Björnstad