Dermatologo Dott. Del Sorbo

Morbillo

a cura del Dermatologo Dott. Del Sorbo
SALERNO
Il morbillo è una malattia esantematica sempre attuale
Il morbillo è una malattia esantematica acuta, maculo papulosa e molto contagiosa, causata da un virus (virus del morbillo) appartenente al genere morbillivirus.

Il morbillo si presenta con un esantema che inizia al volto e si estende al tronco e agli arti

Il virus del morbillo una volta penetrato nell’organismo per via inalatoria o attraverso le congiuntive, ha un tempo di incubazione di circa 2 settimane nelle quali si possono osservare segni vaghi di malessere, inappetenza o cefalea. La malattia è contagiosa per tutto il periodo che va dai 3 - 4 giorni che precedono la comparsa dell’esantema, a una settimana dopo l’inizio delle macule. Il morbillo esordisce solitamente con una fase pre esantematica caratterizzata da tosse, lacrimazione, starnuti, corizza, faringite, congiuntivite, febbre fino a 40°C e con le tipiche macchie di Köplik del cavo orale (piccole macule rosse dal centro bianco, localizzate nella parte interna delle guance, in prossimità dei premolari e a differenza delle infezioni da candida, non asportabili). Le tipiche macchie di Köplik somigliano a una spruzzatura di calce, ma sono molto fugaci in quanto regrediscono nel giro di una giornata, lasciando solo un arrosamento residuo dell’area. Il paziente in questa fase si sente abbattuto e può avere brividi. Dopo circa 3 giorni si presenta l’esantema, dapprima al viso e poi man mano al collo, al tronco, agli arti superiori e infine agli arti inferiori.

nella foto è rappresentata un'immagine del morbillo localizzato al viso
Morbillo: l’esantema compare prima al viso, con un tipico interessamento delle regioni preauricolari

L’esantema si presenta con macule e papule rossastre, che compaiono dall’alto verso il basso con un’evoluzione cosiddetta a nevicata, assumono con il passare dei giorni una colorazione via via più intensa e tendono a confluire tra loro. Dalla prima localizzazione in regione retroauricolare (foto in alto), all’interessamento del dorso dei piedi, passa in genere una giornata. Dopo circa 5 giorni, scompare la febbre e inizia una desquamazione furfuracea diffusa, prima al viso, poi man mano al collo, al tronco e agli arti (scomparsa a nevicata).

morbillo diffuso al tronco caratterizzato da macule e papule rossastre confluenti
Dal volto, nel giro di alcune ore l’esantema interessa progressivamente il collo, il tronco e infine gli arti (evoluzione a nevicata)

Solitamente il morbillo conferisce all’individuo un’immunità che previene eventuali recidive future. Le epidemie di morbillo si verificano solitamente all’inizio della primavera. Agli esami ematochimici si può talora rilevare una leucopenia con linfocitosi relativa. La persistenza della febbre oltre i 4 -5 giorni dalla comparsa dell’esantema deve essere sottoposta al proprio medico, per escludere possibili complicanze. Nei pazienti immunodepressi o malnutriti, l’immunodeficienza transitoria indotta dal virus del morbillo, può talora esporre al rischio di sovrapposizioni batteriche (es. polmonite, laringite, otite media, etc). Nel primo anno di vita, il bambino solitamente non si contagia, per la presenza di anticorpi materni. L’età maggiormente colpita dal morbillo è quella prescolare (3 - 5 anni). La vaccinazione di massa ha portato a una riduzione della frequenza del morbillo classico e a un aumento relativo delle forme atipiche. Dopo un vaccino antimorbillo, è possibile talora osservare un esantema ridotto e non infettivo. Al momento della visita dermatologica, il morbillo va distinto da altre malattie esantematiche come la rosolia (in cui vi è anche linfoadenopatia della nuca), la quinta malattia (con tipico aspetto del viso a guance schiaffeggiate), la scarlattina (lingua a fragola), la sesta malattia (interessa bambini molto piccoli con esantema e febbre che durano solitamente solo 3 giorni). Negli individui immunocompetenti, il morbillo è una malattia solitamente autolimitante, ma è importante considerare le possibili complicanze gravi (es. encefalite morbillosa, panencefalite subacute sclerosante, etc). Nei pazienti immunocompromessi, l’esantema può anche mancare del tutto in quanto esso è espressione della reazione immunitaria avvenuta contro il virus ed è più alto il rischio di possibili complicanze. Nei pazienti con infezione da HIV l’infezione può essere talora grave.

Il morbillo è causato da un virus a RNA denominato morbillivirus

CAUSE: il virus del morbillo (genere morbillivirus) è dotato di un singolo filamento di RNA e appartiene alla vasta famiglia dei paramyxovirus (ordine dei mononegavirales). Tra le varie specie appartenenti al genere morbillivirus, rientrano oltre al virus del morbillo, anche i virus del cimurro del cane e il virus della peste bovina. Il virus del morbillo ha una forma filamentosa, con un diametro di circa 200 nm e una lunghezza di circa 10000 nm. Il virus contiene sulla sua superficie esterna 6 tipi di proteine codificate da altrettanti geni, come la proteina P (polimerasi), la proteina L (proteina larga), la proteina M (matrice), la nucleproteina NP (nucleo), la glicoproteina H (emoagglutinina) e la proteina F (apparato di fusione). La proteina F del morbillivirus è responsabile della fusione delle cellule nucleate in cellule giganti multinucleate. Il genoma del virus del morbillo è rappresentato da un filamento di RNA di circa 16000 nucleotidi organizzato in 6 geni che codificano per le suddette proteine. La glicoproteina H del virus è responsabile del legame con la superficie delle cellule, infatti si lega alle regioni SCR1 ed SCR2 del recettore CD46 della membrana cellulare, una speciale proteina cofattore di membrana, coinvolta nel pathway di regolazione del complemento (controllo dei fattori C3b e C4b). Una volta aderito alla cellula, il virus del morbillo perfora la membrana cellulare tramite la sua proteina F (proteina di fusione) rilasciando il capside nel citoplasma della cellula. Una volta infettata la cellula, oltre a replicarsi rapidamente, il virus del morbillo è in grado di ridurre l’immunità cellulo mediata dell’individuo, inibendo la produzione di IL-12 con alterazione della bilancia Th1-Th2, aumento delle IgE totali e riduzione delle IgG. Lo switch Th1 Th2 può talora indurre nel bambino affetto da dermatite atopica, un miglioramento delle manifestazioni cliniche. Un altro bersaglio cellulare per il virus del morbillo è il recettore CD150 o SLAM (signaling lymphocyte activation molecule) presente sulla superficie dei linfociti. Il recettore CD46 (MCP) è invece presente sulle cellule epiteliali di cute e mucose e anche nel tessuto nervoso, fenomeno responsabile delle rare ma gravi conseguenze del morbillo sul sistema nervoso di alcuni individui. La riduzione delle difese immunitarie indotte dal virus del morbillo, può durare anche diverse settimane e sembrerebbe dovuta alla riduzione dei livelli di IL-12, mediata dall’attivazione dei Toll like receptors 2 (TLR2) a opera del legame della proteina H del virus con il recettore CD209 presente sulla superficie dei monociti (il recettore CD209 è indicato con la sigla DC-SIGN = Dendritic Cell Specific Intercellular adhesion molecule 3 Grabbing Non integrin).

foto di esantema di morbillo scattata a distanza ravvicinata

Sia il morbillo (foto in alto) che la rosolia (foto in basso) possono presentare un esantema (malattie esantematiche)

differenza tra rosolia e morbillo

Il morbillo attraverso la storia della dermatologia

Cenni storici: il morbillo è stato descritto da tantissimi autori nella letteratura medica. Un manoscritto arabo del 572 d.C. riporta la comparsa di morbillo, rosolia e vaiolo nelle terre di Arabia. Nei trattati di antica medicina cinese il morbillo viene descritto come Ma-tchen. Importanti studi sono stati compiuti in seguito dal monaco medico Tche Fa Tsouen e dal pediatra Ts’ien Yi. Nel 910 d.C. il medico persiano Rhazes (al-Razi) descrive a Bagdad nel suo trattato De variolis et morbillis liber, le differenze fra vaiolo e morbillo, introducendo in medicina l’importante concetto di febbre come meccanismo di difesa. Secondo Rhazes il morbillo, a differenza del vaiolo, sarebbe favorito dalla presenza di bile nel sangue. Nello stesso periodo, Isacco l’israeliano propone un’ipotesi altrettanto curiosa, secondo la quale, le donne durante la gravidanza, trattenendo per mesi il flusso mestruale nell’utero, potrebbero trasmettere la malattia al feto. Nel 992 d.C Wang-Houai-Yin conferma le importanti differenze cliniche tra vaiolo e morbillo, entità da molti considerate come gradi diversi della stessa malattia fino agli studi di Sydenham del 1674. Nell’XI secolo, il medico arabo Costantino l’Africano (medico della Scuola Medica Salernitana) si interessa dello studio del morbillo. Nel XII secolo, il medico bizantino Sinesio, pubblica un lavoro in greco sul morbillo come malattia diversa dal vaiolo. Importanti studi sono stati effettuati dal medico romagnolo Giovanni Manardo, dal medico greco Ippocrate di Kos, dal medico greco Galeno di Pergamo e dal medico persiano Avicenna. Galeno nel II secolo, conferma le ipotesi di Rhazes sul morbillo nel suo trattato sui metodi terapeutici. Nel 1517, gli esploratori europei diffondono il morbillo nel continente americano appena scoperto (nuovo mondo) causando un’epidemia devastante sull’isola di Hispaniola tra gli indigeni che non conoscevano ancora la malattie e pertanto non ne erano immuni. Un’epidemia di morbillo molto simile è stata registrata nel 1530 nell’attuale Sudamerica nel 1531 in Messico. Negli stessi anni il morbillo ha sterminato oltre metà della popolazione cubana. Sempre nel 1531, i conquistadores europei sbarcarono nell’attuale Perù con soli 200 soldati, conquistando senza alcuna difficoltà un’area di oltre 10 milioni di abitanti con eserciti di decine di migliaia di soldati, quasi tutti però affetti delle malattie infettive appena giunte dal vecchio continente (es. morbillo, gonorrea, varicella, influenza, vaiolo, peste, colera, etc). Stessa sorte toccò agli Onas, una tribù di cacciatori e pescatori che vivevano nella Terra del Fuoco, quando arrivarono gli europei con morbillo e tubercolosi. Sempre nel XVI secolo, il medico italiano Alessandro Trajano Petronio ipotizza nel De morbo gallico, un’origine comune di sifilide, morbillo, vaiolo e lebbra, dovute secondo l’autore al cibo in eccesso e putrefatto che passa nel latte materno. Gli autori medioevali utilizzano spesso il termine morbillo per indicare tutte quelle malattie esantematiche (es. rosolia, scarlattina, varicella, etc) solitamente benigne rispetto al grande morbo che erano a quei tempi il vaiolo e soprattutto la peste. In alcuni dialetti dell’Italia meridionale il morbillo viene ancora oggi indicato al plurale (avere i morbilli o i muruvìlli), sebbene la quasi scomparsa in Europa, delle epidemie di morbillo con le vaccinazioni di massa, abbia fatto cadere in disuso tali termini. Il termine morbillo indica «piccolo morbo» per indicare una malattia esantematica benigna rispetto al «morbo» che erano vaiolo e peste. In realtà il morbillo rappresenta ancora oggi in alcuni paesi del terzo mondo un importante problema, specie nei bambini denutriti o immunodepressi. Nel 1553 il medico siciliano Gian Filippo Ingrassia, docente all’Università di Napoli, distingue la rossania (morbillo) dalla rossalia (scarlattina). Nel 1576 lo stesso Ingrassia pubblica un lavoro sulla peste: informatione del pestifero et contagioso morbo, il quale affligge et have afflitto questa città di Palermo e molte altre città e Terre di questo Regno di Sicilia, nell’anno 1575 et 1576. Negli stessi anni Girolamo Fracastoro sottolinea la contagiosità del morbillo nel suo trattato De Morbis contagiosis. Nel 1660 il medico inglese Thomas Willis, ripropone la teoria mestruale di Isacco l’Israeliano. Sempre nel XVII secolo, il medico tedesco Daniel Sennert pone il quesito del perché in alcuni pazienti la malattia si manifesta in forma grave (vaiolo) e in altri in forma lieve (morbillo). Il morbillo è stato ben descritto dal medico inglese Thomas Sydenham durante l’epidemia di febbre morbillosa (in seguito chiamata morbillo) che ha colpito Londra nel mese di gennaio del 1674 con 795 morti, con una descrizione molto accurata nel III capitolo del suo trattato del 1676 (osservazioni mediche sulla storia delle malattie acute e sulla loro cura). Secondo le prime descrizioni di Sydenham risalenti al gennaio 1674 la malattia era molto diversa dalle epidemie di vaiolo osservate a Londra nel 1669 e nel 1670. Altre importanti epidemie di morbillo si sono registrate a Vienna nel 1732 e a Edimburgo nel 1816. In Italia, nel 1745 il medico mantovano Flaminio Corghi, descrive il morbillo nel suo libro il medico in Mantova, riportando le epidemie di morbillo che colpirono la Lombardia tra il 1728 e il 1729. Nel 1750 il medico napoletano Filippo Violante pubblica un’importante opera De variolis et morbillis tractatus. Nel 1759 il medico scozzese Francis Home dimostra che il morbillo è una malattia che si trasmette attraverso il sangue dei pazienti affetti e pubblica a Edimburgo una monografia sul morbillo nel suo Medical facts and experiments. Altri importanti studi sul morbillo sono stati compiuti dal medico inglese Sir William Watson nel 1769. Nel 1785, il medico trentino Giovanni Battista Borsieri, dedica ai cosiddetti morbilli, l’intero III capitolo del suo trattato sulle istituzioni di medicina pratica. Nel 1807 il medico francese Gaspard Roux, pubblica il suo traité sur la rougeole (morbillo). Il 16 luglio 1814 il chirurgo francese Gabriel Ayraud discute la sua tesi sul morbillo “dissertation sur la rougeole” presso la facoltà di Medicina di Montpellier. Nel 1822 nel mantovano vi è stata un’importante epidemia di morbillo, descritta accuratamente in una monografia del medico mantovano Carlo Speranza. Nell’autunno del 1831, nella sola città di Londra vi sono stati 532 decessi per morbillo, superando addirittura il numero di decessi per vaiolo (436). Nella primavera del 1855 si è verificata un’importante epidemia di morbillo anche in Italia. Importanti epidemie di morbillo si sono registrate oltre che in Europa (es. 1840, 1860 e 1880) anche in molti altri paesi extraeuropei, come in Amazzonia (1749), Nuova Zelanda (1838) e Australia (1875). Nel 1847, il medico danese Peter Ludwig Panum riceve l’incarico dal governo di occuparsi dell’epidemia di morbillo delle isole Faroe, in cui rileva importanti differenze tra la popolazione quasi immune della Danimarca e quella delle Isole Faroe. Panum descrive anche il periodo di incubazione della malattia di circa 2 settimane. Il 7 maggio 1864 il medico londinese Benjamin Guy Babington pubblica sulla prestigiosa rivista Lancet una variante clinica del morbillo classico, con il nome di rubeola notha. Nel 1875 un’epidemia di morbillo ha sterminato oltre un quarto della popolazione delle isole Fiji. Nel 1896 il pediatra americano Henry Köplik descrive le tipiche macchie di morbillo del cavo orale che portano il suo nome (macchie di Köplik). Nel 1898 il medico francese Albert Henri Louis Josias trasmette il morbillo ad alcuni animali, mentre gli studi sulla la trasmissione all’uomo sono compiuti nel 1905 dal patologo statunitense Ludvig Hektoen. Il medico italiano Cenci nel 1907 propone l’uso del siero di convalescente ai fini preventivi, in un lavoro pubblicato sulla rivista italiana di clinica pediatrica (Alcune esperienze di sieroimmunizzazione e sieroterapia nel morbillo). Nel 1911 il microbiologo americano John Anderson e l’infettivologo ungherese Joseph Goldberger studiano la natura virale del morbillo sulla scimmia. Nel 1938 il microbiologo statunitense Harry Plotz riesce a coltivare il virus in vitro. Il morbillivirus viene isolato nel 1954 dagli statunitensi John Franklin Enders e Thomas Chalmers Peebles. Il gruppo di lavoro di Ordman nel 1960 propone l’uso delle gammaglobuline per la prevenzione del morbillo. Nello stesso anno il gruppo di studio di John Franklin Enders realizza un vaccino vivente attenuato. La struttura del virus viene accuratamente descritta nel 1958 dal gruppo di lavoro di Matilda Benyesh Melnick e nel 1961 dal gruppo londinese di Waterson. Nella storia della dermatologia, il morbillo è stato indicato con diversi nomi, come rougeole (scuola francese), measles (scuola inglese), rubeola (scuola spagnola di Cordoba), masern (scuola tedesca), rossania (scuola napoletana di Ingrassia), morbillo o morbo minore (secondo il dermatologo austriaco Ferdinand Ritter von Hebra, morbo è il termine con cui gli italiani chiamavano la peste). Nella stessa Italia venivano utilizzati diversi nomi popolari come rosalia (in toscana), fersa (in emilia romagna), muruvìlli (in campania), rosacci (nel ticino) per semplificare i complessi termini medici del tempo come exanthemata ecfimata ed eritamata flisacia. Attualmente il morbillo non è affatto scomparso e rappresenta un’importante malattia in alcuni paesi in via di sviluppo. Basta pensare che nel mondo, solo nel 2003 sono stati registrati 30 milioni di casi di morbillo con 700000 decessi, di cui oltre la metà nel continente africano. Negli ultimi anni è stato studiato da diversi autori, il fine meccanismo molecolare con cui il virus del morbillo si legherebbe alla superficie della cellula, per replicarsi e abbassare le difese immunitarie dell’ospite. Tra i lavori più interessanti ne ricordiamo solo alcuni, tra cui uno pubblicato nel 1996 dai ricercatori americani Diane Griffin e William Bellini sul recettore CD46 e uno pubblicato e nel 2001 dai ricercatori giapponesi Hironobu Tatsuo e Yusuke Yanagi sul recettore cellulare CD150, entrambi bersagli cellulari del virus del morbillo. Attualmente, con lo studio dei Toll like receptors TLRs, si stanno comprendendo con sempre maggiore dettaglio le basi molecolari dell’interazione tra il virus del morbillo e le cellule umane.